La polvere di silice dà la
silicosi, quella di amianto il mortale mesotelioma, quelle fini
allarmano da tempo le città del nord. Il problema è che, oltre
ad essere respirate, le polveri vengono anche mangiate e possono
danneggiare così, in silenzio, l’apparato digerente.

Un
neologismo definisce ”nanopatologie” tali malattie e un
manipolo di scienziati, finanziati dalla Ue, sta indagando il
fenomeno e le ha già messe in relazione con nanoparticelle
ingerite. La ricerca è curata dall’università di Modena e Reggio
Emilia assieme a quelle di Mainz (Germania) e Cambridge (Gran
Bretagna), alla Fei Company e alla Biomatech (Francia). Gli
scienziati hanno a disposizione una nuova tecnica di microscopia
elettronica a scansione: il nuovo strumento, l’Esem, può
”vedere” con un sistema di microanalisi a raggi X l’
inglobamento di tali particelle da parte del tessuto patologico.
La domanda alla base della ricerca, curata tra gli altri da
Antonietta Gatti, dell’università emiliana, è: le polveri che
ristagnano in pianura e quindi nei campi agricoli, oltre che
affezioni polmonari possono indurre altre patologie dell’
apparato digerente? Lo studio sta verificando l’impatto delle
polveri submicroscopiche su organi come fegato e reni e le
eventuali correlazioni con malattie di origine ignota. Le
nanopatologie sono appunto innescate da micro e nanoparticelle,
non biodegradabili, non tossiche nel senso classico, che a
nostra insaputa sono state ingerite per anni ma in
continuazione. E’ già stata fatta una ”stretta correlazione”
con granulomatosi criptogeniche (cioè di origine ignota) di
fegato e reni e detriti di varia origine, anche ”derivanti da
protesi dentarie in porcellana”. Quando l’istopatologo non
riscontra nel reperto della biopsia nè batteri, nè parassiti,
nè virus, è ”possibile che vi siano detriti di materiale
inorganico non biodegradabile, ingerito in forma di polvere, il
quale ha passato la mucosa intestinale, è finito nel sangue, è
stato filtrato da fegato e reni ma lì si è accumulato,
determinando una reazione da corpo estraneo”.