Le donne disoccupate rappresentano
appena l’1% nel Trentino Alto Adige, ma in Calabria sono il 35,7%: non si attenua il forte dislivello della condizione femminile tra le varie zone del Paese, neppure con il costante, positivo sviluppo dell’occupazione “in rosa” che e’ proseguito nel 2003.


Il numero di donne che lavorano e’ salito di 174 mila unita’ l’anno scorso con un incremento del tasso di occupazione pari al 2,1%. Al contempo, l’occupazione maschile ha segnato un aumento di 190 mila unita’ e una crescita del tasso limitata all’1,4%. Lo rileva un’indagine pubblicata su ‘Sistema previdenza’ a firma del direttore centrale del Ministero del Welfare, Lea Battistoni.
Sono otto milioni 350 mila le donne presenti sul mercato del lavoro: piu’ di prima ma ancora poche. La loro posizione, rileva lo studio, resta “nettamente svantaggiata” rispetto agli uomini. Anche se rappresentano il 49,8% della popolazione tra i 14 e i 54 anni, costituiscono solo il 39,1% delle forze di lavoro, il 37,8% degli occupati e il 52,5% delle persone in cerca di occupazione.


Sotto il profilo qualitativo, l'”asimmetria” tra i generi e’ perdurante ma attenuata: uno sfavore per le donne riguarda solo specifici comparti come intermediazione finanziaria, trasporti e comunicazione. Nelle professioni invece le donne soffrono ancora “diseguali livelli di responsabilita’”.

Il tasso di attivita’ femminile registra la punta piu’ elevata in Emilia-Romagna con il 44,9%, contro il 26,8% della Sicilia. Ma differenze, anche se meno marcate, sono segnalate tra le stesse regioni del Centro-Nord. Nessuna, a parte il Trentino Alto Adige con il suo record occupazionale, offre alle donne un terreno fertile come quello dell’Emilia-Romagna. Il tasso di occupazione, nelle altre regioni centrosettentrionali, oscilla tra il 33% e il 34%.

“Nell’insieme, dunque, anche nelle regioni ad alto livello di partecipazione femminile – rileva lo studio di Lea Battistoni – l’Italia sembra ancora lontana dalla media europea”.

I dati piu’ recenti mostrano che le donne stanno cambiando il loro atteggiamento nei confronti del lavoro anche quando non sono piu’ giovanissime: nella curva 40-44 anni diminuisce l’uscita dal mercato del lavoro. E’ un fenomeno ancora limitato, ma, si rileva nell’indagine, appare come “possibile segnale di un mutamento” delle traiettorie professionali. La nascita e la cura dei figli, l’assistenza ai parenti anziani non distolgono piu’ come un tempo dal lavoro: diversa, anche in questo caso, la situazione nel Sud dove “il reinserimento dopo aver lasciato, o essere state costrette a farlo, il posto di lavoro, e’ difficile”. Con tassi di disoccupazione di lunga durata al 26,8% per le donne tra 25 e 34 anni.