“Consumando dieci fettine a testa i cinesi farebbero esaurire completamente l’intera produzione annuale di prosciutto di Parma e San Daniele, pari a circa 12 milioni di pezzi, che solo a partire dalla primavera del 2005 potranno essere esportati per la prima volta in Cina grazie ai tre nuovi protocolli sanitari firmati durante la visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi”.

E’ quanto stima la Coldiretti per evidenziare la dimensione di un mercato che ha raggiunto 1,3 miliardi di abitanti e che offre opportunità ma anche grandi rischi. Fare leva sui peccati di gola e sulle tentazioni della moda è il miglior modo per conquistare il grande mercato della Cina poiché – precisa la Coldiretti – al 39% dei cinesi l’Italia fa venire in mente i capi d’abbigliamento, seguiti da cibo e vini tipici (31%), dal calcio (31%) e dai luoghi più belli del nostro Paese (19%), secondo una ricerca Leonardo-ICE-Piepoli.

Ma i due settori del Made in Italy più apprezzati sono anche quelli più soggetti al rischio di una concorrenza “sleale” fondata su prodotti di imitazione a basso costo e per questo – sottolinea la Coldiretti – serve un impegno per l’etichettatura di origine di alimenti, scarpe e tessile, la difesa dalle falsificazione e il riconoscimento dei prodotti a denominazioni di origine nel Wto per garantire un commercio trasparente ed impedire inaccettabili casi di contraffazione. Se per il settore tessile e per quello delle calzature il 2005 si apre con le preoccupazioni determinate dalla riduzione delle tariffe doganali europee nell’agroalimentare – continua la Coldiretti – tra i Paesi non appartenenti all’Unione Europea la Cina si colloca già al secondo posto dopo l’Argentina nella quantità di prodotti esportati in Italia. Nei primi otto mesi del 2004 – precisa la Coldiretti – ha aumentato in modo rilevante le proprie esportazioni di prodotti alimentari in Italia con incrementi in quantità che variano dal 440% per gli arrivi di mele al 22% per quelli di pomodori conservati al 5% per verdure e ortaggi sottaceto. Le importazioni di pomodoro concentrato cinese rappresentano ormai un terzo della produzione nazionale, ma per il 2005 particolarmente preoccupante – precisa la Coldiretti – è lo sbarco in Europa dei pomodori pelati Made in China. La concorrenza cinese – sostiene la Coldiretti – va combattuta con la trasparenza di mercato e per questo non bastano dazi e tariffe, ma bisogna rendere subito operativa la legge che obbliga a indicare in etichetta l’origine territoriale del pomodoro.

Un obiettivo – conclude la Coldiretti – che deve essere raggiunto nel 2005 con l’emanazione del decreto che rende obbligatoria l’indicazione in etichetta dell’origine o provenienza del pomodoro utilizzato come previsto dalla legge 204 del 3 agosto 2004 approvata con il sostegno della Coldiretti che ha raccolto un milione di firme.