630 grammi di esplosivo e 25 bulloni in un tubo di metallo: era questo l’ordigno ad alto potenziale offensivo trovato giovedi’ scorso nel Parco Ducale di Parma dopo che era arrivata alla redazione bolognese del quotidiano ‘la Repubblica’ una lettera di rivendicazione firmata ”Cooperativa artigiana fuochi e affini-Fai”, Federazione anarchica informale.


Le analisi del Ris dei Carabinieri di Parma, contro i quali – secondo la rivendicazione – era diretto l’ordigno, pero’ avevano gia’ appurato che l’interruttore collegato alla bomba era sull’off e la batteria che doveva dare l’energia per produrre lo scoppio era scarica. Quindi non c’era la volonta’ di farlo scoppiare, di fare del male, ma solo l’obiettivo di dare all’azione un carattere dimostrativo forte. E’ cosi’ superata l’eventuale accusa di strage. Se mai verranno individuati gli autori dell’ordigno, dovranno rispondere oltre che di attentato con finalita’ di eversione dell’ordine democratico anche dei reati relativi alla detenzione dell’esplosivo.


Molto piu’ basso era invece il potenziale offensivo del plico-bomba inviato al sindaco di Bologna Sergio Cofferati e giunto in comune lo stesso giorno del ritrovamento della bomba di Parma. Nel plico, ugualmente rivendicato con un volantino dalla Cooperativa artigiana fuochi e affini-Fai, c’erano una trentina di grammi di polvere pirica che avrebbero potuto produrre una fiammata.


Intanto, dopo l’arrivo del pacco bomba in Val di Susa, e’ intenzione dei magistrati del pool antiterrorismo della procura di Bologna (Paolo Giovagnoli, Morena Plazzi, Luca Tampieri, e le indagini sono seguite in prima persona anche dal procuratore Enrico Di Nicola) di contattare i colleghi di Torino.