Scomparso per decenni, il lupo sta lentamente ripopolando l’Appennino modenese grazie soprattutto alla presenza di prede selvatiche e all’abbandono del territorio da parte dell’uomo.

Secondo il Servizio Faunistico della Provincia di Modena il lupo è presente in modo stabile sulle montagne modenesi con tre distinti nuclei familiari, composti da un minimo di due a un massimo di cinque esemplari ciascuno. A questi gruppi si aggiungono altri esemplari che transitano nel territorio senza insediarsi stabilmente.

Il ritorno del lupo è stato salutato come una buona notizia da Alberto Caldana, assessore provinciale all’ambiente, perchè – ha spiegato – rappresenta un segnale positivo dello stato di salute del nostro Appennino.
Di diverso parere sono gli abitanti del territorio montano, che temono per sè e per i propri animali. Non a caso negli ultimi mesi la polizia
provinciale ha trovato tre cadaveri di lupo, due dei quali uccisi da polpette avvelenate. L’assessore Caldana ha ricordato che il lupo non è pericoloso nè per l’uomo nè per gli allevamenti, perchè si ciba
prevalentemente di caprioli e cinghiali, svolgendo quindi anche una funzione di riequilibrio faunistico.

Fino agli anni ’70 la specie è stata pesantemente perseguitata e in quel periodo si sono toccati i minimi storici italiani, con una presenza stimata di un centinaio di esemplari. Dal 1977 il lupo gode di protezione e oggi si stimano 500-600 esemplari,
che risultano presenti sull’intera catena appenninica, dalla Liguria all’Aspromonte.
Lo studio sulla presenza del lupo nel modenese è partito nel 1999 ed è proseguito tra il 2002 e il 2004 sulla base del Progetto Life-Lupo promosso
dalla Ue.