La Struttura Complessa di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, diretta dal professor Leonardo Fabbri, in occasione della VII Giornata mondiale sulla BPCO promossa dalla Organizzazione Mondiale della Sanità che si celebrerà mercoledì 19 novembre, per la sue riconosciute competenze in fatto di Broncopneumopatia Cronico Ostruttiva (BPCO) è stata selezionata come centro di riferimento per lanciare la campagna contro il fumo.

Per il suo impegno e per l’interesse che da Presidente uscente della società Europea di Malattie dell’Apparato Respiratorio – ERS ha saputo suscitare ovunque nella lotta contro il fumo, al professor Leonardo Fabbri è stato chiesto di farsi promotore di un’iniziativa che richiami l’attenzione della comunità scientifica e dell’opinione pubblica sulla BPCO e oggi il Policlinico di Modena ha ospitato un convegno multimediale su questa malattia che colpisce oltre 600 milioni di persone al mondo e che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2020 sarà la principale terza causa di decesso.
L’evento – che si è svolto nell’aula P06 del Centro Servizi Didattici della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia (Via del Pozzo 71) a Modena – ha visto la partecipazione dei più importanti esperti nel campo, alcuni dei quali collegati dall’estero in videoconferenza. “Bronchite cronica e asma bronchiale colpiscono in Italia oltre 6 milioni di persone – spiega il professor Leonardo Fabbri – Sensazione di fiato corto, difficoltà crescente a compiere sforzi anche minimi sono i campanelli d’allarme in particolare per la BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva) responsabile di 18 .000 decessi l’anno nel nostro Paese. Contro la Bpco abbiamo nuove armi per aumentare la qualità della vita dei malati, spesso gravemente limitata, ma non ancora per bloccare la progressione della malattia”.

La sigaretta è il principale imputato per questa grave patologia, nonostante nel nostro Paese esista una legge molto severa e nonostante da anni si promuovano di campagne contro il fumo.

“Il fumo di sigaretta – ha concluso Fabbri – è responsabile della morte di più di 80.000 italiani all’anno, la maggior parte per malattie cardiovascolari e tumori. Esso è anche la a causa principale della broncopneumopatia cronica ostruttiva. Si calcola che oltre 80 per cento dei pazienti affetti da BPCO sono stati grandi fumatori. La prevenzione resta l’arma migliore per combattere i danni ai nostri polmoni”.
Dopo i saluti della professoressa Gabriella Aggazzotti, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, sono intervenuti il professor Roberto Rodriguez Roisin, Presidente del Global Initiative on Obstructive Lung Disease (GOLD) che parlerà dei costi sociali della BPCO, il professor Jean Bousquet, Consigliere di GOLD per l’Organizzazione Mondiale della Sanità che tratterà la prevenzione, il professor Peter Calverley, Consigliere del comitato scientifico di GOLD che si è occupato dei nuovi trattamenti che disponiamo contro la BPCO. Il professor Riccardo Polosa, professore ordinario di Medicina Interna dell’Università di Catania ha parlato dei nuovi trattamenti per smettere di fumare. Ancora, il professor Gianfranco Gensini, Preside della Facoltà di Medicina dell’Ateneo fiorentino, si è occupato dell’epidemia di BPCO nel XXI secolo mentre Maria Adelaide Franchi, Presidente dell’Associazione Pazienti con BPCO ha fatto il punto sulle aspettative dei pazienti. Il professor Lorenzo Corbetta professore associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Firenze ha fatto da moderatore assieme al professor Fabbri.

Il Convegno è stata l’occasione per presentare il Centro Antifumo dell’Azienda Centro Antifumo dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena che dovrebbe iniziare la sua attività entro il gennaio del 2009, lavorando assieme ai centri dell’Azienda USL.

“Il Centro Antifumo Interdipartimentale – ha spiegato il dottor Gianluigi Trianni della direzione sanitaria del Policlinico di Modena – ha lo scopo primario di aiutare a smettere di fumare i dipendenti, i pazienti e tutti coloro che, a vario titolo, vivono e lavorano al Policlinico”.

In pratica vengono eseguite diagnosi, trattamenti e riabilitazione finalizzati alla cessazione dell’abitudine al fumo sia avvalendosi di metodiche di tipo medico, farmacologico e psicologico, basate su evidenze scientifiche di efficacia, sia favorendo l’auto-mutuo aiuto. Il Centro avrà anche compiti di consulenza, formazione e supervisione ai soggetti che operano nel campo del tabagismo, sia del settore pubblico sia del privato sociale o del volontariato.

“Al congresso annuale della European Respiratory Society, svoltosi a Berlino in ottobre, – ha concluso il prof. Fabbri – abbiamo presentato l’identikit di chi più spesso riesce a smettere di fumare: uomini sposati che convivono con non fumatori, poco dipendenti dalla nicotina, che hanno iniziato tardi a fumare e hanno già provato a smettere per periodi abbastanza lunghi. Prendere in considerazione questi elementi serve a capire chi ha più difficoltà a farcela e aiuta a intervenire in maniera più incisiva, quando occorre. Le donne, ad esempio, vanno aiutate a non temere l’aumento di peso e a fronteggiare gli effetti del ciclo mestruale sui sintomi dell’astinenza. Con chi ha iniziato a fumare da giovane, è invece necessario adottare una strategia aggressiva fin dall’inizio”.

“È indispensabile – ha spiegato Riccardo Polosa, professore ordinario di medicina interna all’Università di Catania e autore dello studio – capire che il fumo non è un vizio. Se così fosse, sarebbe materia esclusivamente privata, personale, soggetta al diritto individuale. Il fumo in realtà è una malattia, una tossicodipendenza di cui la medicina e la società devono occuparsi nell’interesse di un individuo che deve essere considerato alla stessa stregua di un ‘paziente’. L’OMS, infatti, classifica il tabagismo tra le patologie da dipendenza farmacologica, nella stessa lista in cui si trovano anche l’abuso di alcol e l’assunzione di eroina”.

La lotta al tabagismo è difficile e chi la conduce non ha nulla da guadagnarci, se non la coerenza scientifica e la soddisfazione del proprio senso del dovere. Lo strumento principale di questa battaglia è l’informazione avvalorata da conoscenze scientifiche. Basti pensare alla capillare opera di sensibilizzazione sui danni provocati dalle sigarette cosiddette “light”: studi scientifici hanno chiaramente dimostrato come il rischio di tumore al polmone non varia tra persone che fumano sigarette ad alto o basso contenuto di catrame. Pertanto la riduzione del contenuto di catrame al di sotto dei 15 mg (tipica della sigaretta cosiddetta “light”), che negli anni ’80 era stata massicciamente pubblicizzata quale soluzione ai danni derivanti dal fumo di sigaretta, non determina alcuna riduzione del rischio di tumore al polmone. Fumare è un danno per la salute, comunque.

“Al congresso annuale della European Respiratory Society, svoltosi a Berlino in ottobre – ha affermato il prof. Fabbri – abbiamo presentato l’identikit di chi più spesso riesce a smettere di fumare: uomini sposati che convivono con non fumatori, poco dipendenti dalla nicotina, che hanno iniziato tardi a fumare e hanno già provato a smettere per periodi abbastanza lunghi. Prendere in considerazione questi elementi serve a capire chi ha più difficoltà a farcela e aiuta a intervenire in maniera più incisiva, quando occorre. Le donne, ad esempio, vanno aiutate a non temere l’aumento di peso e a fronteggiare gli effetti del ciclo mestruale sui sintomi dell’astinenza. Con chi ha iniziato a fumare da giovane, è invece necessario adottare una strategia aggressiva fin dall’inizio”.

“Per quanto impegno e professionalità si possano spendere in un programma di cessazione – ha concluso il prof. Polosa – ci sarà sempre un discreto numero di fumatori che rispondono male ai tentativi di sospensione del fumo. Convinzioni ed atteggiamenti negativi possono essere risolti promuovendo la comprensione generale della storia naturale sulla cessazione del fumo, rendendo razionale l’utilizzo dei servizi per smettere di fumare ed informandosi sul corretto uso di farmaci per la dipendenza da nicotina. In particolare, una migliore conoscenza degli elementi predittivi per la riuscita della sospensione del fumo può essere utile nella consultazione clinica di routine alla individuazione dei tabagisti che hanno maggiore probabilità di smettere”.

“Comunque, a parte smettere di fumare, dobbiamo occuparci dei fumatori che hanno sviluppato la BPCO – aggiunge il prof. Lorenzo Corbetta, Professore Associato Malattie dell’Apparato Respiratorio all’Università degli Studi di Firenze -. Il motto internazionale della giornata mondiale della BPCO del 2008 è ‘Breathless BUT NOT helpless’: senza fiato ma non senza aiuto (o Aiutati per non restare senza fiato). Questo messaggio positivo getta una luce di ottimismo per i pazienti in quanto sono in arrivo nuovi e più efficaci trattamenti che miglioreranno ulteriormente la qualità della vita e forse anche l’attesa di vita dei pazienti con BPCO. Farmaci già in uso come la combinazione salmeterolo/fluticasone o anche il solo tiotropio, si sono confermati efficaci e sicuri in 2 recenti studi su migliaia di pazienti trattati per 3-4 anni, e sembrano anche portare ad una riduzione di mortalità. Inoltre, studi ancora in corso confermano che a breve vi sarà un nuovo farmaco, il roflumilast, in grado di aggiungere ulteriore efficacia ai trattamenti esistenti”.