Sulle “sale di preghiera musulmane” a Sassuolo ( e in Italia) e sul pericolo terroristico o estremistico. Il centro destra è irresponsabile e incapace di indicare soluzioni effettive ai problemi. Bene le scelte di Pattuzzi.  Ancora una volta il centro destra sassolese fa prevalere la propaganda sull’esigenza di stare ai fatti e di indicare ai cittadini la soluzione ai problemi (quando ci sono) che vengono sollevati.

Al contrario : Caselli e Severi alzano alte grida su presunte ipotesi di pericoli e , come soluzione a quegli stessi presunti pericoli, “propongono” di non permettere più ai credenti musulmani (tra cui anche cittadini italiani) di avere le loro “sale di preghiera” . Invece di indicare soluzioni realistiche e positive ai problemi (aiutando così i cittadini, come ha fatto Pattuzzi) il centro destra ne crea altri, di problemi.
Primo: il pericolo – presunto o reale, denunciato da Souad Sbai (deputata del partito di Berlusconi, che parla a pochi giorni dal voto!!!) – secondo la quale attività di affiliazione a centrali estremistiche si svolgerebbero nelle due “sale di preghiera musulmane” di Sassuolo.
Cosa si può dire di fronte a questa denuncia? se Polizia, Carabinieri, Antiterrorismo e Ministero degli Interni hanno elementi per ritenere anche solo lontanamente fondata la denuncia di Souad Sbai, facciano quel che serve per colpire senza indugio tutti quelli che di quel gravissimo reato si fossero resi responsabili. Risulta attualmente che nessun rappresentante delle forze dell’ordine abbia mai affermato esistenza reale di quel pericolo nè che di esso abbia informato le Istituzioni locali ( primo fra tutti il Comune di Sassuolo). Sono quindi a chiedere ufficialmente, a Questore e Prefetto, di riferire immediatamente all’opinione pubblica ed al Comune di Sassuolo che cosa essi pensino di quella denuncia e del pericolo indicato.
Se Questore e Prefetto hanno in questi mesi taciuto devo presumere che quella denuncia non sia fondata. Un conto sarebbe poi trovarsi di fronte ad attività in qualsiasi modo fiancheggiatrici del terrorismo, altro avere a che fare con musulmani neotradizionalisti (cioè su posizioni religiose integraliste o simili): nel primo caso gli autori vanno colpiti con tutte le sanzioni penali già previste dalla legge italiana, nell’altro caso si tratterebbe di un confronto-scontro di carattere culturale e civile. In questo confronto difficile ma inevitabile va ribadito che per tutti, italiani e non, atei, religiosi o agnostici, la Costituzione italiana e i suoi principi fondamentali sono vincolanti e non negoziabili (laicità dello Stato, uguaglianza tra uomo e donna, libertà religiosa, lealtà nell’esercizio dei diritti e dei doveri reciproci). Ai quali principi andranno aggiunti, parlando di sale di preghiera musulmane, strumenti rappresentati da corsi obbligatori di italiano e diritto per gli imam, bilanci e gestioni trasparenti (anche se in Italia è stato depenalizzato, da Berlusconi, il reato di “falso in bilancio”!!!) . Scelte, queste ultime, adottate dal Sindaco di Sassuolo nell’ambito dell’accordo con El Huda, pur coi gravi limiti derivanti dall’assenza di un’intesa e di una legislazione nazionale in materia di rapporti tra lo Stato e gli Islam italiani (legislazione indispensabile ma alla quale l’attuale Governo si è sempre opposto).
Invito Luca Caselli a riflettere sul fatto che altre sale di preghiera sono presenti da tempo a Modena (due sale), a Milano (6 sale) e in moltissime città governate dal centro destra, senza che nessuno,al governo di quelle città, abbia mai ipotizzato di chiuderle. I problemi vanno governati e non gridati. L’obiettivo indicato dal centro destra sassolese (“no alle moschee”) risulta incompatibile (in qualsiasi modo venga argomentato) sia con la nostra Costituzione (“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume”) che con l’esigenza di costruire soluzioni reali ai problemi.
Davvero si crede che sostenere che “la sala di preghiera non si deve fare” sia un’obiettivo che possa essere indicato seriamente ai cittadini senza portarli in un vicolo cieco? Vivono oggi in Italia circa 1 milione e trecentomila immigrati di fede musulmana (con tradizioni religiose anche assai diverse tra loro, con un 10-15% di praticanti effettivi, per ora, con una grandissima maggioranza che lavora onestamente) . E’ immaginabile che a queste persone (alcuni, sempre di più, anche cittadini italiani) – potenzialmente tutti interessati all’esercizio del loro culto – si dica “non potete fare la vostra sala di preghiera”. Una simile risposta non è una risposta. Rappresenta la dichiarata incapacità di una classe dirigente di indicare ai cittadini strade giuste e realmente percorribili. In questo modo si costruisce un futuro dove i problemi, i conflitti e il disagio sociale-culturale aumenteranno avendo scelto una strada senza sbocco. Se io non posso pregare in una “sala di preghiera” conosciuta, regolamentata ed aperta , allora ( è sempre avvenuto così nella storia reale) pregherò in modo clandestino, al di fuori di ogni controllo e rapporto , e farò crescere nella mia comunità sentimenti negativi nei confronti dei cittadini di Sassuolo e delle sue istituzioni. Dirò che non mi permettono di esercitare il mio culto religioso e li giudicherò di conseguenza. Avremo così favorito solo i fondamentalisti offrendo loro argomenti preziosi.
Gli argomenti contro la “sala di preghiera musulmana” sono di solito due:
1) nella “sala di preghiera” non si prega solamente, ma si discute di politica e orientamenti culturali verso la società italiana, talvolta in modo poco chiaro e poco lodevole,
2) attorno alle “sale di preghiera” sono spesso presenti elementi di degrado, i fedeli musulmani e i loro imam o dirigenti non si curano del mantenimento della pulizia, del decoro, dell’occupazione abusiva e disordinata degli spazi con le automobili, del rumore che provocano.
Nell’uno e nell’altro argomento c’è talvolta del vero ma in nessun caso è possibile, sulla loro base, legittimare l’idea che “la sala di preghiera non si deve fare”. Al primo argomento , il più complesso, si può rispondere solo rendendo il più trasparente possibile il rapporto diritti/doveri da parte di tutti , anche dei fedeli musulmani.
Qualcosa dipende da scelte locali, molto più da scelte nazionali: la più importante di queste ultime si chiama “legge sulla libertà religiosa”, un provvedimento organico che manca da molti anni e che, se ci fosse, garantirebbe si i diritti di tutte le religioni, e quindi anche dei musulmani, ma anche dei precisi doveri (come quello di un regolamento interno, obbligatorio e pubblico, coerente coi principi della nostra Costituzione).
Sul piano locale, in attesa di una simile legge possiamo compiere scelte , importanti anche se parziali, che inducano i dirigenti delle associazioni religiose musulmane ad aprire volontariamente porte e finestre e li impegnino a favorire il rispetto di quegli stessi principi costituzionali. Al secondo argomento si risponde anche sottoscrivendo accordi, come quello recente tra El Huda e il Comune di Sassuolo, tramite i quali le modalità di gestione del luogo dove si esercita il culto sono sottoposte a precise condizioni di rispetto della buona convivenza e della legalità. In altre parole: rispettare la Costituzione, responsabilizzare al massimo i dirigenti religiosi musulmani a contribuire alla costruzione di una buona convivenza nel territorio dove hanno deciso di vivere. In tal modo si costruisce un futuro positivo e più giusto. Per tutti.

Per Sinistra per Sassuolo
Mauro Sentimenti