Frammento_coppa_ceramicaIl biglietto da visita non lascia dubbi: “MINER SUM”, sono dedicato a Minerva. Secondo gli archeologi, la scritta rinvenuta su una coppa in ceramica durante gli scavi appena conclusi a Montegibbio non è solo devozionale ma indizierebbe l’esistenza di un vero e proprio santuario dedicato alla dea, testimoniato, tra l’altro, da grandi blocchi lapidei squadrati, in parte riutilizzati per successive costruzioni.È questa la novità più interessante della quarta campagna di scavo nel complesso archeologico rinvenuto in località il Poggio, a Montegibbio di Sassuolo, nel Modenese.

Il legame tra il culto di Minerva e antichi riti e tradizioni salutari è già attestato in zona: anni fa, nei pressi dei vulcani di fango di Nirano, a poca distanza da Montegibbio, era stata rinvenuta un’arula votiva (piccolo altare a forma di parallelepipedo) di epoca imperiale dedicata alla dea. Ora la probabile esistenza di una struttura templare dedicata a colei che con l’appellativo di Minerva Medica proteggeva medicina, sapienza e dottori, riporta in primo piano le acque salutari vicine a questo sito (fonti salate, polle di petrolio e vulcani di fango come Rio del Petrolio o la Salsa di Montegibbio), aprendo nuove e interessantissime prospettive di ricerca lungo la fascia collinare della provincia di Modena.

Anche quest’anno le indagini archeologiche hanno restituito elementi di grande interesse per la storia di questo insediamento, accertando fasi insediative più antiche rispetto a quella attestata finora che si inquadrava tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C.

Nella zona immediatamente a nord del perimetro esterno della villa, sono emersi alcuni grandi blocchi lapidei squadrati e bugnati, riferibili a una più antica costruzione di carattere monumentale, quasi certamente un santuario.

Tra i numerosi reperti rinvenuti, si segnalano tre monete (assi), con prua di nave sul verso e Giano bifronte sul recto, inquadrabili tra la metà del II e gli inizi del I sec. a.C., e due piattelli in ceramica a vernice nera databili tra il II e il I sec. a.C. che attestano la frequentazione del sito in età repubblicana. Le fasi successive dell’insediamento sono state confermate dal rinvenimento di varie monete (nummi tardo antichi, assi, sesterzi di I sec. d.C.) e di pregevole vasellame, tra cui alcuni piatti in terra sigillata italica e coppette a pareti sottili.

Lo scavo appena concluso ha anche ravvivato l’interesse di geologi e paleosismologi impegnati a comprendere quali eventi catastrofici abbiano provocato la distruzione di questo insediamento che ha continuato a vivere fino al V-VI sec. d.C. Il rinvenimento straordinario di un pozzo a forma ellittica, databile alla piena epoca imperiale, ha riaperto la discussione: il manufatto, originariamente di struttura circolare, fu quasi certamente deformato in ovale da un profondo movimento della terra, riconducibile forse ad un terremoto.

Gli scavi, finanziati dal Comune di Sassuolo  e diretti dal Soprintendente Luigi Malnati e dall’archeologo Donato Labate della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, con il coordinamento sul campo dall’archeologa Francesca Guandalini, sono stati anche un fruttuoso campo scuola per gli studenti del Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

“Riscoprire le nostre radici –afferma l’Assessore alla Cultura del Comune di Sassuolo Luca Cuoghi– non è un vezzo ma una necessità. La consapevolezza della presenza sulle nostre colline di una civiltà per larghi tratti ancora sconosciuta a Sassuolo, rappresenta per noi oltre che un’importante presa di coscienza e una notevole scoperta storica e culturale, anche un ulteriore stimolo a proseguire in una campagna di scavi che già tante soddisfazioni ha dato all’Amministrazione comunale”.

Anche quest’anno si sono avvicendati sullo scavo ricercatori e professori universitari di varie discipline che hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione delle dinamiche insediative rilevate. Le botaniche Carla Accorsi e Giovanna Bosi dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il petrologo Stefano Lugli dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, e i geologi Lisa Borgatti e Stefano Cremonini dell’Università degli Studi di Bologna, Francesco Ronchetti dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, e Emanuela Guidoboni dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione di Bologna

Come negli anni precedenti, la ditta Geogrà di Sermide (MN) ha sponsorizzato il rilievo laserscan delle strutture messe in luce nella villa romana.

A breve saranno pubblicati gli atti del convegno interamente dedicato agli scavi di Montegibbio che si è tenuto nel febbraio scorso. Un’occasione per rendere finalmente noti sia alla comunità scientifica che alla cittadinanza i primi dati sul sito di Montegibbio.