Troppa enfasi, troppe accuse senza prove, ed ecco che alla prima verifica concreta, comincia a smontarsi il castello delle accuse verso gli operatori del Pronto Soccorso coinvolti nel caso dell’artigiano purtroppo deceduto dopo 20 giorni di malesseri e dolori. Fin dall’inizio l’ipotesi della perforazione del polmone dovuta a una frattura scomposta di una costola è stata presentata come causa quasi certa del decesso. E invece di tale evenienza non c’erano prove, la dimostrazione è che dopo l’autopsia tale circostanza è stata esclusa. Dunque si profila un quadro nel quale il rispetto delle procedure è stato corretto, e gli eventi successivi al primo accesso al Pronto Soccorso tutti nell’ambito delle probabilità non prevedibili, come purtroppo è normale accada in una scienza che non è un calcolo matematico.

Solo che nel frattempo la fiducia minata non ha fatto diminuire gli accessi al P.S. del Policlinico, piuttosto li ha resi complicati per gli operatori. Ritengo però che non debba essere “l’opinione pubblica” a decidere su questioni complesse come le procedure mediche, come invece sono adesso costretti a fare i medici del Pronto Soccorso, sull’onda emotiva di un caso tragico, ma tutto da verificare. Non può un medico agire seguendo le paure e assecondandole, ma dovrebbe agire con competenza e coscienza professionale. Per questo ancora una volta, ne assoluzioni ne condanne, ma fatti: attendiamo il temine del procedimento di verifica, ma prendiamo atto che alla fine potrebbe non esserci un colpevole, ma solo eventi imprevedibili, che in maniera tragica hanno portato alla scomparsa di una persona, con rabbia e dolore dei suoi familiari.

(Avv. Luca Ghelfi, Consigliere Provinciale – PDL)