Grande partecipazione di pubblico al primo dei due seminari organizzati dalla Fondazione Casa del Volontariato di Carpi, in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato, le associazioni Progetto per la Vita, Gruppo Assistenza Familiari Alzheimer, Gruppo Parkinson, Il tesoro nascosto, Unione Sportiva Handicap Carpi, Al di là del muro, e con il patrocinio del Comune di Carpi.

L’incontro, che si è svolto dalle 9.00 sino alle 13.00 – durando mezz’ora più del previsto grazie anche alle numerose domande del pubblico – ha visto le tre sale convegni della Casa del Volontariato occupate in tutti i posti disponibili, registrando una presenza di 120 persone, tra operatori del settore (una quarantina di avvocati), pubblico tradizionale, e la presenza di qualche autorità – non soltanto carpigiana – evidentemente consapevole di come il tema, quello dell’amministrazione di sostegno, stia sempre più prendendo piede come strumento cardine a tutela ed aiuto delle persone affette da disabilità, e si debba conoscerlo a fondo in tutti i suoi aspetti per progammare politiche sociali che vogliano avere una significativa efficacia.

Nella prima parte del seminario, dedicata agli aspetti giuridici della materia, sono intervenuti il giudice del Tribunale di Modena Roberto Masoni e gli avvocati Giuseppe Cresta e Marco Zanasi, anch’essi modenesi. Dagli interventi è emerso come questo istituto, entrato in vigore con legge del 2004 – ma che ha avuto una gestazione lunghissima, di almeno vent’anni – si sia configurato come uno dei provvedimenti più innovati degli ultimi anni. E questo perché non si è voluto fare dell’amministrato – come invece nel caso dell’inabilitato e dell’interdetto – un “nuovo incapace” ma si è al contrario espressa la chiara volontà che egli conservi la più grande autonomia possibile. Se infatti i compiti dell’amministratore di sostegno possono riguardare fondamentalmente i campi della gestione dei patrimoni o delle persone, il potere decisionale che essi esercitano non è mai totale: la lista dei compiti che l’amministratore è chiamato a svolgere è ben precisata, e varia caso per caso. Strumento flessibile dunque, adattabile alle esigenze più differenti – come differenti sono, appunto, i diversi tipi di disablitià (fisica o mentale che sia). Di più: la nomina è sempre revocabile e modificabile, tanto che l’amministratore deve presentare una relazione annuale al giudice tutelare. Un’altra differenza assai importante, rispetto ad interdizione ed inabilitazione, si ravvisa poi nella relativa semplicità dell’atto di nomina. Il procedimento è infatti detto di volontaria giurisdizione: semplice, veloce e deformalizzato, tanto che a Modena i procedimenti di nomina – che ricordiamo dal 2005 ad oggi sono stati in media 350 all’anno, con una percentuale di deleghe a legali del 25% – richiedono poche settimane. Come ricorda Roberto Masoni:”Modena ha fatto da apripista per l’applicazione di questa legge, anche grazie al grande lavoro del giudice Guido Stanzani. Proprio per merito dell’accoglienza che l’istituto dell’amministrazione di sostegno ha ricevuto nella nostra provincia, è giusto far sapere che dal 2005 a Modena l’interdizione è stata abrogata di fatto, nel senso che non sono più state emesse sentenze di questo tipo”.

La seconda parte dell’incontro ha invece riguardato gli aspetti psicologici del problema, alla presenza di due psicologi di Milano quali Lucio Moderato e Giovanni Gelmuzzi. Dal dibattito è emerso subito come, usando parole del dott. Moderato:”L’amministratore di sostegno è uno strumento fondamentale per costruire il progetto di vita della persona con disabilità, soprattutto intellettiva”. Di solito nelle famiglie che hanno al proprio interno persone disabili si pensa al dopodomani, al futuro immediato, incombente, senza mai riuscire a stabilire una progettualità per un futuro a lungo termine. I genitori iniziano a preoccuparsi della sorte del figlio una volta che saranno defunti spesso troppo in ritardo. Ed è proprio alla luce di questa tendenza che occorre invece “costruire un oltre noi durante noi” continua lo psicoterapeuta milanese.

Non bisogna altresì privare le persone con deficit intellettivi della loro adultità, riducendoli a dei “beati beoti”: i figli, per quanto disabili, hanno diritto ad allontanarsi dai genitori, e i geniori quello di non vivere un ergastolo di fatto perché non trovano gli aiuti concreti o la forza psicologica per vivere una vita soddisfacente pur amando i loro figli. Non occorre immolarsi, dunque, all’altare della malattia del proprio parente, perché non è con i martirii che si aiutano i propri cari a crescere e gestire la loro vita futura. Occore perciò insegnare i genitori a “pre-occuparsi” – nel senso di occuparsi in anticipo – nella consapevolezza che la libertà di una persona va di pari passo con l’affermazione della sua indipendenza. “Serve un’allenaza virtuosa tra genitori, servizi sociali e amministratori di sostegno, perché si sta lavorando tutti per lo stesso scopo: il benessere e il più alto grado possibile d’indipendenza del disabile che, in quanto tale, vive una condizione che affronteremo tutti, prima o poi, nella sensescenza”. Per questo occorre formare degli amministratori di sostegno capaci non soltanto di svolgere quelle mansioni tecnico-burocratiche che l’istituto giuridico richiede, ma anche di prendersi cura del disabile instaurando con lui un rapporto affettivo basato sulle sue esigenze.

Il dott. Gelmuzzi ha poi sottolineato come sia necessario:”Promuovere una cultura della tutela giuridica, perché l’amministratore serve ad affincare o aiutare una persona in una situazione di bisogno, non a prendere il controllo egemonico della vita di colui che assiste: è una risorsa nuova per risolvere un problema antico”. Tutto questo significa che gli amministratori non vanno a sostituire una figura genitoriale che comunque rimane ed affianca il disabile, essendo ovviamente portatrice di un patrimonio di conoscenze uniche – empatiche ed irripetibili – sul soggetto, ma lo affiancano. “L’amministratore risponde anche alla domanda che ogni genitore si pone sul proprio figlio, ovvero ‘Chi si occuperà di lui quando io non ci sarò più?’. Diventa, in qualche modo, la prosecuzione della potestà genitoriale”.

In definitiva, da tutti gli interventi – sia legali che psicologici – è emerso come l’amministratore di sostegno non si configuri più, come invece avveniva in passato, un sostituto ma un ausiliario dell’io o, per meglio dire, un io ausiliario.