Di fronte all’episodio di cronaca che ha visto la morte della Sig.ra Lucia Napoletano a poche centinaia di metri dal Pronto Soccorso del Policlinico e alle successive dichiarazioni del Dott. Daniele Giovanardi, responsabile dello stesso,interviene Mauro Sighinolfi, Consigliere Provinciale e Dirigente PDL con alcune personali osservazioni.

“Devo confessare che la risposta della dott.ssa Campisi dirigente responsabile di Modena Soccorso di fronte alle osservazioni avanzate dal dott. Daniele Giovanardi coordinatore del servizio di Pronto Soccorso dell’Ospedale Policlinico, inerenti l’avvio a Baggiovara di una paziente investita a poche centinaia di metri da via Campi e successivamente deceduta a causa dei gravi traumi riportati dopo essere stata trasportata al più lontano Sant’Agostino Estense, mi lascia attonito e sbigottito.

“Tutto quello che si poteva fare è stato fatto” sottolinea la scrivente ma convenga con me che il massimo sarebbe stato lasciare spazio alla logica e alla razionalità avviando l’infortunata al più vicino ospedale anche in barba alle disposizioni dettate da qualsivoglia protocollo d’intesa. Non voglio addentrarmi nei meandri di una deontologia che sulla base dello stesso ragionamento darebbe un calcio a qualsiasi tipo di cura palliativa considerandola, a parità di ragionamento, se non inutile totalmente inefficace, ma entro nello specifico di un trauma che ha avuto dieci minuti in più di tempo per divenire mortale. Tutto mi sarei aspettato da un medico tranne “nulla sarebbe cambiato con un ricovero al Policlinico” quando è risaputo che donne gravide e bambini nelle stesse identiche condizioni trovano là, in casi paradossalmente analoghi, piena e completa assistenza. La giustificazione insomma è stata a mio parere (ma non ho dubbi anche per i familiari della sventurata signora poi deceduta) peggiore della decisione adottata da chi si è trovato a decidere il da farsi in prima ed impellente battuta. Ma quello che più mi addolora di quel comunicato è come in poche scarne righe, stese con una freddezza quasi glaciale, l’adozione della “procedura più giusta” venga ribadita con toni talmente amorfi da lasciare letteralmente sbigottiti. Non una parola per la povera signora, non un accenno di sensibilità al dolore dei familiari: solo una fredda quanto eloquente “diagnosi” dei criteri attuati a conseguente giustificazione dell’operato proprio e dei propri subordinati. Un distacco e un’indifferenza che condanno e che devono fare assolutamente riflettere in primis proprio i medici di quel 118 il cui prezioso lavoro merita tutta la nostra grande ammirazione e del quale la dott.ssa Campisi appare essere più una rigorosa e pervicace dirigente che non la rappresentante di quella professione che in tanti a partire da me continuano ancora a considerare una missione”.