Se ne parla poco, ma sono migliaia le lavoratrici ed i lavoratori nell’area del commercio e dei servizi che hanno perso o interrotto temporaneamente il lavoro che non godranno di ammortizzatori sociali. Le lavoratrici domestiche e le assistenti familiari (badanti) con regolare contratto, nell’area del cosiddetto “cratere” del sisma, sono circa 1500. A queste vanno aggiunte altrettante lavoratrici irregolari.

Diverse si sono dimesse o hanno semplicemente abbandonato il lavoro tornando al proprio paese. Altre hanno seguito gli anziani nelle tende e nei campi di accoglienza, o presso le case nelle quali sono ospitati i datori di lavoro sfollati. Un numero più limitato ha perso casa e lavoro, con licenziamenti a volte comunicati solo verbalmente.

Nessun ammortizzatore è previsto dalla normativa vigente per il lavoro domestico, e poche di queste lavoratrici (se in regola) avranno la possibilità di richiedere l’indennità di disoccupazione.

Anche i lavoratori a chiamata (intermittenti), salvo sorprese, non avranno diritto ad ammortizzatori. Non si tratta di una tipologia lavorativa infrequente, ma della seconda modalità di assunzione nella nostra provincia, con forse 3.000 lavoratori con questo contratto nell’area del sisma.

Più volte il Sindacato ha denunciato che il lavoro a chiamata, soprattutto presente nei pubblici esercizi e nel piccolo commercio, nasconde lavoro nero e grigio, fingendo una prestazione di poche ore mensili anche quando il rapporto di lavoro è costante. Complesso definire quanti saranno i lavoratori a chiamata messi a zero ore, senza poter utilizzare ammortizzatori tranne che, in pochi casi, l’indennità di disoccupazione. Certamente molte centinaia, forse un migliaio.

Infine, non sorprenda, ci sono i lavoratori e le lavoratrici in nero.

Difficili da quantificare, certamente. Soltanto nei negozi, nei bar, nei ristoranti, negli alberghi, negli studi professionali, nel lavoro domestico si tratta probabilmente, nelle zone interessate dal sisma, di circa 7/8.000 lavoratori. E’ il cosiddetto sommerso, che viene quantificato in Italia in circa 3 milioni di persone. Un sommerso spesso tollerato e comunque sottovalutato, che ora rende più difficile la tutela di lavoratori e lavoratrice che, a causa del terremoto, non hanno più un lavoro.

(Filcams/Cgil Modena)