All’alba di oggi, in un’operazione volta a contrastare la tolleranza della prostituzione all’interno delle strutture alberghiere, la Guardia di Finanza congiuntamente alla Polizia Municipale di Rimini ha dato esecuzione ad un provvedimento cautelare personale e reale emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dr.ssa Sonia Pasini, con il quale sono stati posti agli arresti domiciliari il titolare di un hotel di Miramare (Rimini) e il portiere dell’attigua dependance, che è stata sottoposta a sequestro preventivo finalizzato alla confisca (valore oltre 600 mila euro).
Il provvedimento giunge a conclusione di una complessa indagine che si colloca all’interno di una più ampia strategia di contrasto allo sfruttamento della prostituzione elaborata e condivisa da tutti gli Enti istituzionali impegnati a fronteggiare il fenomeno, tra cui il Comune di Rimini. In particolare, nell’ambito delle linee strategiche tracciate in sede di Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, è stata avviata un’attività info-investigativa finalizzata ad individuare le strutture ricettive all’interno delle quali viene abitualmente tollerata e favorita la prostituzione.
Le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore dott. Marino Cerioni, permettevano di individuare e identificare alcune giovani cittadine rumene che abitualmente, dopo aver adescato i propri clienti per strada, si recavano all’interno dell’immobile oggi sequestrato per consumare la prestazione sessuale.
Il controllo effettuato nello scorso mese di maggio, finalizzato a rilevare la regolarità amministrativa e fiscale della struttura ricettiva, le attività di osservazione, pedinamento e controllo eseguite da finanzieri e agenti della Polizia Municipale e le informazioni assunte dai clienti e dalle prostitute hanno consentito di accertare che il custode della dependance e il gestore dell’hotel erano perfettamente a conoscenza della continuativa attività di meretricio posta in essere. E’ stato appurato, infatti, che l’immobile era destinato esclusivamente ad ospitare prostitute e che il sistema di videosorveglianza a circuito chiuso permetteva di controllarne l’attività. Ovviamente, per tutelare al massimo la “riservatezza” delle donne e soprattutto dei loro clienti, la dependance non era denunciata come struttura di ricezione e, quindi, totalmente abusiva. In tal modo veniva bypassata anche la previsione normativa sull’obbligo di comunicazione alla Questura degli alloggiati (ora prevista per via telematica).
Gli indagati, T.D., ucraino di 40 anni e B.U., riminese di 74 anni, dovranno rispondere del reato di tolleranza e favoreggiamento della prostituzione all’interno di una struttura alberghiera, previsto dall’art. 3 della legge 75/1958 (la cosiddetta legge Merlin), oltre che dei reati previsti dal Codice in materia di protezione dei dati personali per aver installato le telecamere senza alcuna misura volta a garantire la privacy dei soggetti ripresi.