vinitaly_02L’ultimo giorno del Vinitaly, il più importante salone dedicato al vino e ai distillati, ha visto la presenza del premier Matteo Renzi, 16 anni dopo la visita di Romano Prodi, ultimo Presidente del Consiglio ad aver partecipato alla manifestazione fieristica veronese. Con oltre 4.100 espositori presenti su una superficie di 100mila metri quadrati, Vinitaly riesce ad attrarre a Verona oltre 140mila visitatori, di questi oltre 50mila sono operatori esteri provenienti da 120 Paesi. Quest’anno la presenza del premier Renzi ha certificato la centralità dell’agroalimentare per l’economia nazionale e in particolare il peso del comparto vitivinicolo, che anche nel quarto trimestre 2013 ha avuto un trend positivo (dati Inea).

«Il Vinitaly – spiega la presidente di Confagricoltura Modena Eugenia Bergamaschi – è da sempre una manifestazione di grande successo e rilevanza internazionale, un momento di confronto importante per il comparto vitivinicolo e per l’intero settore agroalimentare. Quest’anno il salone ha avuto un valore aggiunto nella visita del premier Renzi, che ha dato un segnale di vicinanza e attenzione. In Italia abbiamo vitigni unici al mondo, vini molto apprezzati all’estero ed è proprio sull’export che dobbiamo puntare. Il nostro Lambrusco, ad esempio, è in netta ascesa nelle preferenze dei consumatori stranieri. Come Confagricoltura siamo convinti che solo attraverso l’unione, l’organizzazione e la conquista di nuovi mercati sia possibile continuare a raggiungere buoni risultati, nonostante il calo dei consumi del mercato interno. Il successo del Vinitaly – conclude la presidente Bergamaschi – è di buon auspicio in vista dell’Expo 2015, un’occasione da non perdere e una vetrina importante per l’economia del Paese».

Sulla stessa linea il presidente nazionale di Confagricoltura Mario Guidi, che al Vinitaly ha sottolineato l’importanza di fare squadra per rimanere sul mercato: «L’agricoltura ha bisogno di fatti, di aziende moderne ed innovative e non di populismo e protezionismo. In questa fase socio-economica, così difficile per le imprese del settore, si insiste in battaglie contro i mulini a vento in una società ed un’economia che cambiano inesorabilmente e che dovrebbero spingere a mutare anche gli agricoltori e chi li rappresenta. Il futuro dell’agricoltura non lo fa il latifondismo e non lo fa la piccola realtà dei mercatini, ma le aziende che guardano al km zero, ovvero al territorio, ed al km centomila, ovvero l’internazionalizzazione, con lo stesso interesse; imprese che ragionano in termini di filiera, che si organizzano, creano cooperative, si associano, cercano aggregazioni inter-settoriali, realizzano reti. La crescita del sistema agricolo nazionale esige strategie e progetti imprenditoriali forti, coraggiosi, legati a mirate politiche di investimento e richiede imprese attrezzate per accrescere la competitività e la capacità di vincere la sfida della globalizzazione, che sempre più utilizzano lo strumento societario, che favorisce la messa in comune di capitale, competenza e lavoro da destinare a innovazione, crescita della produttività, internazionalizzazione».