donna-incinta“Serve un atto di regolamentazione a carattere nazionale, per evitare che un argomento così delicato e sensibile si trasformi in una giungla”. E’ quanto sostiene, a proposito della fecondazione eterologa, l’assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna Carlo Lusenti. “Voglio precisare che proprio per assicurare la fruizione di un diritto, pertinente alla sfera della salute, in condizioni di uniformità su tutto il Paese, riteniamo sia doveroso andare oltre l’assunzione di atti da parte delle singole Regioni: ciò comporterebbe inevitabilmente il rischio di una variabilità da territorio a territorio”. Serve un documento di linee guida o regolamentazione uniforme, quindi, “da adottare con urgenza e tempestività. Noi siamo pronti, e sollecitiamo a lavorare da subito per adottare un provvedimento entro i primi di settembre. Lo dobbiamo alle tante coppie in attesa di veder riconosciuto questo loro diritto”.
In Emilia-Romagna sono 20 i centri autorizzati (10 pubblici e 10 privati) per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Sulle 10 strutture pubbliche, 4 sono di primo livello (effettuano cioè l’inseminazione artificiale), mentre le altre (sempre pubbliche) sono autorizzate ad utilizzare tecniche di secondo – terzo livello (come fivet, icsi). Stesse proporzioni per il privato: su 10 centri, 4 sono di primo livello, gli altri di secondo-terzo. Nel 2013, i centri di primo livello dell’Emilia-Romagna (dati dal Registro nazionale, luglio 2014) hanno trattato complessivamente 698 pazienti, di cui 585 nel pubblico e 113 nel privato. L’attività invece del secondo e terzo livello ha riguardato 3378 pazienti trattate, di cui 1979 nei centri pubblici e 1399 nei centri privati. Sul fronte della spesa, le tecniche di secondo e terzo livello si fanno in regime di ospedalizzazione diurna (sono esenti dal ticket), mentre quelle di primo livello prevedono un ticket al pari delle prestazioni ambulatoriali.
“Noi riteniamo – conclude Lusenti – che le strutture pubbliche dell’Emilia-Romagna non possano attuare al momento la fecondazione eterologa a carico del Servizio sanitario nazionale in quanto, a parere del ministero, la procedura non è inclusa nei Livelli essenziali di assistenza”.