Dante_MazziAdesso è evidente cosa avesse realmente in mente Renzi quando ha annunciato di anticipare il Tfr in busta paga: fare cassa con i soldi dei lavoratori. Già dal primo momento erano state sollevate molte perplessità e la conferma è arrivata con la bocciatura degli emendamenti presentati da parlamentari di tutti i partiti, PD compreso, per la tassazione separata della quota di Tfr in busta paga. La Commissione Bilancio presieduta dal deputato PD Francesco Boccia, nomen omen, ha bocciato gli emendamenti perché non avevano copertura finanziaria. Questo significa che il vero scopo del provvedimento è ricavare immediatamente un extra gettito dai redditi di lavoro dipendente tassati alla fonte.

Era stato annunciato come un provvedimento per favorire le famiglie in difficoltà, ma alla prova dei fatti è stata svelata la fregatura proprio ai danni delle fasce più deboli. La tassazione ordinaria anticipata del Tfr ridurrebbe il beneficio di una busta paga un po’ più pesante, che tra l’altro potrebbe compromettere l’accesso a tariffe agevolate secondo i parametri ISEE, l’indicatore della situazione economica equivalente. In altre parole chi chiederà di anticipare mensilmente il Tfr nell’immediato pagherà sicuramente più tasse e forse anche tariffe maggiori per servizi pubblici, quali ad esempio la retta per la scuola materna oppure i ticket sanitari. Occorre poi ricordare che in futuro avrà una liquidazione minore.

E’ quindi molto probabile che non aumenteranno i consumi e neppure l’extra gettito previsto. La proposta di Renzi rischia di diventare l’ennesimo flop di un governo incapace di raggiungere gli obiettivi annunciati con arroganza e superficialità.

Eppure l’idea di anticipare il Tfr potrebbe essere interessante a condizione che:

– DEBBA essere una scelta volontaria dei singoli lavoratori;

– NON penalizzi le aziende;

– NON sia accreditato in busta paga, ossia NON aumenti il reddito imponibile.

Per soddisfare queste condizioni occorre costruire con le banche un contratto-tipo con clausole trasparenti e di facile comprensione per concedere ai dipendenti, che ne fanno richiesta, crediti a tassi minimi e garantiti da Tfr.

Sostanzialmente è quello che già fanno le società finanziarie, che concedono crediti a tassi elevati, talune al limite dell’usura, dietro pegno del Tfr.

I vantaggi di questo contratto-tipo sarebbero molteplici. Ad esempio:

– se con 100 euro lordi al mese si può fare ben poco, con un prestito di almeno 1.500 euro da restituire ad esempio entro 18 mesi e rinnovabile si potrebbe invece creare una elasticità di cassa per migliorare la gestione del bilancio familiare;

– le aziende non perdono liquidità: dovrebbero solo attestare alla banca la sussistenza del Tfr del dipendente che chiede il prestito alla banca;

– il dipendente non si “brucerebbe” per il futuro quota parte del Tfr: restituendo il debito con la banca, non diminuirebbe il capitale accumulato;

– sarebbe un prestito e non una quota di reddito in busta paga. Di conseguenza non sarebbe tassato. La tassazione avverrebbe solo se la sua azienda trasferisse quota del Tfr data in pegno alla banca. Sarebbe una tassazione separata e differita al momento dell’eventuale utilizzo del Tfr stesso. Nello schema proposto dal Governo la tassazione sarebbe invece immediata;

– il contratto-tipo concordato con il sistema bancario (ABI) spiazzerebbe e spazzerebbe via intermediari che pur lecitamente concedono crediti a interessi di poco al di sotto dell’usura (secondo alcune fonti pare fino al 15%). Diminuirebbero sensibilmente anche i casi illeciti di usura;

– ci sarebbero vantaggi anche per il Governo: i consumi. aumenterebbero in misura maggiore con conseguente aumento delle entrate fiscali, il vero obiettivo della proposta di Renzi.

 

Dante Mazzi, Democrazia Civica