Ovvio che il recentissimo Rapporto Nazionale 2014 della Guardia di Finanza su evasioni, illeciti finanziamenti e lavoro irregolare, non va strumentalizzato. Basta leggerlo con attenzione, per intero, e trarne gli stimoli che suggerisce.
La Cgil, almeno su un paio di filoni, insiste da tempo sia a livello nazionale che locale, per interventi urgenti.

1) Su appalti/subappalti il Rapporto è duro e crudo e ci conferma un quadro di estese anomalie ed irregolarità accompagnate dalle crescenti e connesse corruzioni.
Più di 1 appalto su 3 – emerge dal Rapporto – è stato assegnato con illeciti nel corso del 2014. Sul complesso dei lavori controllati e corrispondenti ad un valore di oltre 4,6 miliardi, si sono verificate assegnazioni irregolari per quasi 1,8 miliardi, cioè il 39% del volume totale d’affari.
Va detto che una tale percentuale NON riguarda la realtà emiliano-romagnola, ben più sana e regolare.
Ma se accostiamo, senza alcuna forzatura, questo dato a quelli delle colonne successive del Rapporto della Finanza, relative al lavoro sommerso ed evasione contributiva, le tinte fosche si aggravano anche per i nostri territori, sopratutto se quei dati li leggiamo in parallelo con l’ultimo report dell’attività ispettiva del Ministero del Lavoro.
L’Emilia-Romagna conclude il 2014 con una media del 53% di ispezioni nei posti di lavoro con irregolarità accertate, e al 4° posto nazionale per volume di sanzioni, e con il “podio regionale” così assegnato: Parma col 66%, Reggio Emilia col 65%, Modena col 62% !
Senza ripetere commenti, stupori e ingenue sorprese, su questo grave filone di legalità e regolarità del lavoro, spessissimo legato alla catena degli appalti e subappalti, ribadiamo l’importanza della legge di iniziativa popolare lanciata in questi mesi dalla Cgil per una decisa riforma della normativa sugli appalti. In calce alla proposta di legge popolare, già sono state raccolte in questa regione quasi 30.000 firme, e c’è tempo sino a fine aprile per firmare presso le sedi sindacali.
La campagne continua e le pesantissime inchieste di questi ultimi mesi e settimane – da Aemilia alla Cpl – confermano l’assoluta necessità di spingere questa riforma legislativa per porre mano ad un sistema di regole lacunoso e pieno di contraddizioni, facili da essere aggirate e corrotte.

2) Per quanto riguarda il contrasto alla evasione fiscale, è più che significativo il dato che emerge dal Rapporto della Guardia di Finanza, con gli oltre 21.000 soggetti tra evasori totali o responsabili di gravi reati fiscali, che si beffano di chi lavora e paga le tasse per i servizi dello stato sociale. Ricordiamo il caso emblematico, solo un mese e mezzo fa, del sequestro di beni per un milione di euro a due imprese sassolesi del settore ceramico, per aver frodato il fisco e le ritenute fiscali ricavate dalle buste paga dei loro lavoratori dipendenti.
Per non ripetere le proposte ben solide che il sindacato nazionale sostiene per una lotta più efficace ai reati fiscali, ci soffermiamo su alcuni nodi territoriali, altrettanto decisivi.
Decisivi, per non delegare in toto questa battaglia di equità e democrazia civile al sacrosanto lavoro dei finanzieri, che sarebbe già un buono risultato se scoprissero, oltre ai 26 di Ferrara, gli altri emiliani ed i modenesi, compresi fra quei 7.499 evasori in Svizzera della “lista Falciani”, di due mesi fa e che non va dimenticata.
Nei territori, si deve puntare di più sul ruolo prezioso dei Comuni e sulla più stretta collaborazione con le Agenzie delle Entrate, nella partita anti-evasione.
Già il Governo ha fatto un passo indietro – oltre ai tagli diretti sui bilanci comunali – abbassando dal 100% al 55% la “quota di restituzione” ai municipi di quanto recuperato grazie alle segnalazioni antievasione partite dagli enti locali. Non si capisce perché norme ancora antiquate consentano ai Comuni di accedere solo ai dati fiscali delle persone fisiche e non delle imprese, a parte quelle in fallimento.
E’ necessario, per qualificare e rafforzare questa attività dei Comuni, e nel quadro della riorganizzazione territoriale post-province:
– andare presto alla costituzione di Uffici Unici a livello delle Unioni comunali per la riscossione e l’antievasione;
– costituire gruppi di attività/task-force intercomunali dedicati ad una più efficace lavoro sull’antievasione, con più stretti sistemi di incrocio dei tanti dati disponibili nei diversi settori delle Amministrazioni locali, oggi ancora poco integrati. Le attività e conoscenze delle Anagrafi, degli Uffici Tributi, come delle Polizie municipali, non sempre si integrano facilmente con gli Uffici tecnici degli stessi Comuni, per incrociare i dati su imprese, appalti, cantieri, movimenti immobiliari e di aree, a volte vendute e non dichiarate;
– garantire la piena ripresa dell’utile attività dell’Osservatorio Provinciale Appalti;
– costituire un Coordinamento provinciale fra tutti gli Enti pubblici per rinforzare le attività previste ed obbligate dalle recenti norme anticorruzione. In particolare, con l’obiettivo urgente di sostegno per gli Enti medio-piccoli.

Insomma, senza nessuna inutile demagogia, se ci dobbiamo battere per un fisco più equo, con meno evasioni o raggi, il ruolo dei governi locali va meglio e di più coinvolto.
Se non altro per capire quanto sia credibile la “povertà diffusa” da queste parti, se solamente 2.509 modenesi dichiarano redditi superiori ai centomila euro e se circa altrettanti hanno residenze all’estero e a San Marino.

(Franco Zavatti, Cgil Modena- coordinatore legalità e sicurezza Cgil regionale)