cs-Unimore-fedmoUn progetto di ricerca promosso dalla collaborazione fra Unimore – Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e Federfarma Modena, guarda alla individuazione di interazioni farmacologiche nei pazienti sottoposti a trattamenti politerapici, che poggia su tre elementi chiave: un database costantemente aggiornato, il contatto quotidiano con la popolazione sottoposta a terapie farmacologiche, la raccolta dei dati e la loro valutazione.

“Studio sull’intercettazione delle interazioni farmacologiche nelle farmacie di comunità”, questo il titolo del progetto che avrà inizio a partire dalla metà di giugno, nasce dalla consapevolezza che nel trattamento dei pazienti sottoposti a cure complesse, è altissimo il rischio che l’interazione fra farmaci conduca a reazioni avverse, le cosiddette ADR – adverse drug reactions, ben note in letteratura scientifica. Studi internazionali dimostrano, infatti, che circa un 5% dei ricoveri ospedalieri sono causati dall’insorgere di una ADR e che una significativa parte di esse, soprattutto quelle conseguenti a interazioni tra farmaci, è considerata prevedibile.

Un database, Interactions Explorer ©, ideato e realizzato dal dott. Marco Venuta, docente di psicofarmacologia presso Unimore, insieme all’ing. Giorgio Fontana, rappresenterà lo strumento di riferimento che i farmacisti, aderenti alla rete di Federfarma Modena avranno a disposizione, per confrontare le possibili interazioni fra farmaci e altri principi attivi, nei pazienti che quotidianamente varcano la soglia delle farmacie della provincia. Alla fase di raccolta di informazioni seguirà il lavoro di analisi dei dati da parte dei ricercatori Unimore, guidati dalla prof.ssa Nicoletta Brunello, Presidente del Corso di Laurea in Farmacia e dalla dott.ssa Silvia Alboni del Dipartimento di Scienze della Vita.

“Interactions Explorer© – ha spiegato il suo ideatore, il dott. Marco Venuta di Unimore – è un database relazionale, presente sul web, che contiene una mole ingente, costantemente aggiornata, di dati sulle interazioni farmaco-farmaco e farmaco-altro principio attivo, e che si basa su quattro fonti di dati: foglietti illustrativi, studi clinici, studi in vitro, case reports. Nasce dall’obiettivo di superare i due principali limiti degli strumenti in uso comune: valutare solo coppie di principi attivi, anche laddove sia indicato che si considerano multiterapie, non tenere in debito conto i principi attivi non presenti nel prontuario, ma molto presenti nel ‘real world’. I numeri della base di dati utilizzabili da Interactions Explorer sono (giugno 2015): circa 2.000 foglietti illustrativi,  9.000 principi attivi, 6.500 valori di AUC ratio, 7.000 costanti di inibizione o induzione. La bibliografia di supporto (oltre ai foglietti illustrativi) è di 4.000 trials clinici”.

La farmacovigilanza è una delle attività principali che il farmacista è chiamato a mettere in atto e rappresenta un importante tassello per la sostenibilità del sistema sanitario, come confermato a più riprese dal Ministro della Salute Lorenzin. E’ anche la promozione di questa attività che il progetto di studio mette fra i suoi obiettivi primari.

“Scopo dell’indagine- hanno dichiarato la prof. Nicoletta Brunello e la dott.ssa Silvia Alboni di Unimore –  è valutare la prevalenza dell’intercettazione delle interazioni farmacologiche nell’ambito delle farmacie di comunità prima e dopo l’utilizzo di uno strumento di analisi delle interazioni farmacologiche. La farmacia è un presidio territoriale capillarmente diffuso che offre ai propri utenti informazioni e consigli sulla salute e il benessere. In questa ottica una diversa valorizzazione dell’attività dei farmacisti territoriali permette un indispensabile secondo livello di monitoraggio sulle prescrizioni, vigilando quando intervengano cambiamenti, indagando attivamente l’esistenza di reazioni avverse o di effetti collaterali e il ricorso all’automedicazione”.

Il problema delle interazioni cresce con l’aumentare dei prodotti farmacologici assunti, soprattutto in pazienti con comorbilità ovvero con più patologie presenti, spesso seguiti da diversi medici specialisti. Pazienti che, sempre più spesso ed autonomamente, fanno uso di prodotti nutraceutici ed integratori senza alcun controllo medico. In questo contesto diventa importante il coinvolgimento delle persone nella gestione delle proprie terapie ed è anche per questa ragione che le farmacie si identificano come partner ideale per un simile progetto, poiché grazie alla loro capillare diffusione e alle competenze degli operatori rappresentano lo snodo ed il punto di accesso più prossimo e fruibile alle informazioni da e per i pazienti.

“Il progetto di indagine che ci apprestiamo ad inaugurare – ha dichiarato Silvana Casale, Presidente di Federfarma Modena – ci ha visto aderire fin dal primo momento per l’originalità di cui si connota: è la prima volta che le competenze e il ruolo “sul campo” dei farmacisti giocano una parte fondamentale in un’ indagine che punta a dare elementi di conoscenza più approfondita alle pratiche relative l’uso dei farmaci. Questa occasione dà spazio ad un nuovo modello di farmacia: quello che si definisce sempre più attraverso i servizi alla salute pubblica con attenzione al paziente nella sua globabità. La partnership con Unimore rappresenta una garanzia dal punto di vista dell’affidabilità nell’indagine scientifica e speriamo che questa occasione rappresenti la prima di future esperienze simili”.

Il progetto Unimore-Federfarma, prevede un percorso a step che andrà da un primo momento formativo per i farmacisti, alla raccolta, per le dodici settimane successive, dei dati relativi alle consulenze effettuate dal farmacista al paziente, in caso di possibili interazioni, anche su esplicita richiesta del paziente che utilizza l’autocura e l’integrazione nutraceutica.

A questa prima fase seguirà un secondo evento formativo avente lo scopo di presentare il database Interactions Explorer © e le sue modalità di utilizzo. Avrà quindi luogo una nuova fase di raccolta dei dati presso le farmacie e una successiva analisi statistica, che dovrebbe completarsi all’inizio del 2016, da parte dei ricercatori del Dipartimento di Scienze della Vita.