Jobs-FogliazzaAlla ricerca di nuove opportunità, obiettivi, risorse e collaborazioni. Si declina così per le imprese il termine innovazione. Nonostante la crisi, in Emilia-Romagna le aziende innovano: in regione, infatti, i valori sono sopra la media nazionale – e in linea con quella delle regioni leader – per quanto concerne la capacità delle imprese di realizzare cambiamenti al passo con i tempi. Il 60% di imprese ha introdotto un’innovazione nell’ultimo triennio. E’ alta anche la quota di aziende che operano su prodotti e filiere hi-tech.

E’ quanto emerge dall’analisi dei dati del Rapporto regionale 2014 sull’innovazione, promosso da Unioncamere Emilia-Romagna con la collaborazione tecnica del Cise (azienda speciale della Camera di commercio di Forlì-Cesena) e Camere di commercio della regione.

L’indagine è stata realizzata tramite un questionario strutturato sottoposto a un campione di 1.622 imprese emiliano-romagnole, assai significativo rispetto al PIL totale regionale, con una rappresentatività di oltre 1/4 del prodotto interno lordo totale.

I settori economici maggiormente rappresentati nel campione sono, in linea con la realtà economico-produttiva regionale, la meccanica (16,3% dei casi), la metallurgia (15,3%), l’agro-alimentare (13,8%), il commercio (11,6%) e l’altro manifatturiero (10,6%). Con l’Osservatorio Innovazione 2014 si è estesa per la prima volta l’indagine anche al macro-settore dei servizi: sono state intervistate oltre 400 imprese del terziario, operanti per lo più nel commercio e nel comparto del turismo (alloggi, ristorazione…).

Numerose altre le variabili di sfondo utilizzate per caratterizzare meglio le risposte fornite dalla imprese intervistate: dotazione tecnologica, green economy, rapporto con le ICT, mega-trend.

“Questa edizione dell’indagine ha coinvolto imprese più strutturate, ritenute potenzialmente terreno più fertile per la realizzazione di innovazione – fa notare Valerio Vanelli docente all’Università di Bologna e curatore del Rapporto – In altre parole, si è voluto andare ad analizzare il fenomeno dell’innovazione nei contesti in cui è più alta la probabilità che si manifesti: i risultati delle precedenti rilevazioni hanno infatti mostrato che l’innovazione viene più di frequente introdotta dalle imprese più strutturate, di maggiori dimensioni e con più potere di investimento, oltre che dalle società di capitali. Il coinvolgimento di queste imprese permette, fra l’altro, una lettura congiunta dei dati di bilancio con le principali dimensioni del fenomeno dell’innovazione”.

Guardando all’ultimo triennio, il 39,1% delle imprese intervistate dichiara di non avere introdotto alcuna innovazione negli ultimi tre anni (dato in miglioramento, rispetto al 53,6% del 2013 e al 58,0% del 2012, pur tenendo conto della ridefinizione del campione, costituito da imprese più strutturate e più inclini all’introduzione di innovazione).

Dunque, oltre il 60% delle imprese dichiara di aver innovato: di queste, il 21,5% ha introdotto innovazioni di prodotto e una percentuale pari al 18% innovazioni di processo, in entrambi i casi di tipo incrementale.

Innovazioni radicali hanno riguardato una quota minore di casi: il 9,7% delle imprese emiliano-romagnole ha introdotto innovazioni di prodotto e il 5,5% di processo.

L’innovazione radicale è stata generata principalmente all’interno dell’azienda.

Il settore maggiormente innovativo risulta quello dell’elettricità e dell’elettronica (appena il 16,7% di imprese non innovative), seguito dalla meccanica (30,0%) e dalla chimica/farmaceutica (32,0%).

Le imprese che non hanno introdotto alcuna innovazione sono soprattutto riconducibili al settore della carta e dell’editoria e all’industria dei mobili, mentre si registra una chiara crescita di imprese innovative nell’industria dei materiali non metalliferi (37,2% di imprese non innovative a fronte del 62,5% del 2013).

Le differenze non riguardano soltanto il settore produttivo bensì la dimensione di impresa, con quelle più grandi che si dimostrano, come atteso, maggiormente in grado di innovare; la forma giuridica, con il 37,8% di imprese non innovative fra le società di capitali e quasi il 51% fra quelle di persone; il grado di specializzazione e dotazione tecnologica, con una riduzione progressiva della quota di imprese non innovative al crescere del livello di specializzazione e dotazione tecnologica dell’impresa.

“Una relazione nitida emerge con riferimento al grado di apertura al mercato internazionale dell’impresa – sostiene Valerio Vanelli – fra le imprese con mercati di sbocco collocati esclusivamente a livello locale non ha innovato oltre la metà dei casi (51,1%), mentre fra quelle con un maggior grado di apertura, che presentano dunque tra i propri clienti soggetti collocati in paesi esteri del mercato globale, la percentuale scende al 21%. Si può ritenere che la relazione tra grado di internazionalizzazione dell’impresa e innovazione realizzata sia di tipo bi-direzionale. Dall’analisi dei dati dell’Osservatorio emerge che tra le imprese che hanno introdotto almeno un’innovazione nell’ultimo triennio il 38,4% ha accresciuto le proprie esportazioni mentre fra le imprese non innovative quelle che hanno aumentato le proprie esportazioni sono il 26,9%”.

 

Gli investimenti realizzati

Dopo la flessione degli ultimi anni, probabilmente come ricaduta della crisi economico-finanziaria, i dati segnano una positiva, seppur debole, inversione di tendenza.

Il 16,5% delle imprese (contro 12,7% registrato nel 2013) dell’Emilia-Romagna ha proceduto all’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature.

Seguono gli investimenti effettuati nell’area informatica: acquisto di nuovo software (11,1%) e di nuovo hardware (6,8%), anche se quantitativamente, l’ammontare complessivo degli investimenti delle imprese intervistate in quest’area sono stati complessivamente di 7milioni di euro (superati dagli oltre 34milioni investiti per lo sviluppo/design di nuovi prodotti all’interno dell’azienda), mentre per gli acquisti di nuovi macchinari e attrezzature si superano i 60milioni.

 

Gli ostacoli all’innovazione

La principale criticità, indicata da oltre otto imprese su dieci, così come già nelle tre precedenti indagini dell’Osservatorio Innovazione, è l’eccessiva pressione fiscale.

Secondo principale ostacolo all’innovazione è il rischio d’impresa percepito come troppo elevato, in particolare dalla piccola impresa, seguito dalle difficoltà strategiche di mercato, in termini di limitata conoscenza da parte dell’impresa del mercato, della concorrenza.

 

“Tra i fattori abilitanti, in grado cioè di facilitare l’innovazione da parte delle imprese – sottolinea Vanelli – quello di maggior rilievo è indicato nella collaborazione con i propri clienti (per il 67,2%), seguito da ricerca e sviluppo all’interno dell’impresa (62,6%), partnership con i fornitori (58,1%) e trasferimento tecnologico e di conoscenze da altri settori merceologico (56,8%).

Rispetto ai processi di innovazione – aggiunge il docente universitario – le imprese da noi interpellate hanno individuato i benefici maggiori nel generale miglioramento della qualità dei prodotti/servizi (84,7%), e nell’incremento del risultato economico (70,9%). Il 32% del campione emiliano-romagnolo ritiene che le innovazioni introdotte in azienda abbiano portato a benefici anche per la collettività e il territorio di riferimento, identificandoli in ricadute innanzitutto di tipo ambientale (riduzione inquinamento, rifiuti), poi socio-occupazionale, con la creazione di nuovi posti di lavoro, di stabilizzazione di alcuni lavoratori grazie al consolidamento dell’attività produttiva”.

 

L’innovazione e i dati di bilancio

Il primo punto interessante che emerge dall’analisi dei dati di bilancio per il quadriennio 2010-2013 delle società di capitali è che, a fronte di un incremento medio del margine operativo lordo  (+49% fra il 2010 e il 2013), fra le imprese innovative si rileva una crescita più marcata dell’indice (+82,9%), mentre fra le imprese non innovative una flessione (-38,2%). La stessa dinamica si osserva per quanto riguarda il valore aggiunto, che tra il 2010 ed il 2013 è cresciuto mediamente del 52,8%, facendo però rilevare un aumento nel caso delle imprese innovative (+58%) e un decremento nel caso di quelle non innovative (-6%).

Infine, dall’analisi si evidenzia una maggior crescita del fatturato registrata per le imprese che nel triennio sono riuscite ad innovare (+64,9%), rispetto a quelle che non hanno generato alcuna innovazione, che mostrano un incremento del fatturato decisamente più modesto (+10,2%).

 

FOCUS GREEN ECONOMY

Conversione alla green economy delle imprese

Le imprese che hanno seguito – o che intendono gestire nel prossimo futuro – una conversione alla green economy sono quasi un quinto delle intervistate (19,8%), in aumento rispetto al 2013 (15,3%). Aggiungerei: La maggior parte delle imprese dichiara che a seguito della conversione i cambiamenti di processo/prodotto hanno riguardato innanzitutto il tema dell’energia (impianti fotovoltaici, macchinari a minore consumo, ecc.).

Le imprese che maggiormente si sono convertite o prevedono un processo di questo tipo nel prossimo futuro sono principalmente riconducibili ai seguenti segmenti: medio-grandi dimensioni, società di capitali, afferenti ai settori della carta ed editoria e agro-alimentare , appartenenti ad un gruppo  o ad una rete di imprese. Si noti inoltre che dai dati emerge una relazione piuttosto nitida fra conversione all’economia verde e andamenti del fatturato, si consideri che su 100 imprese che hanno seguito un percorso di conversione al green più di 26 hanno registrato nell’ultimo triennio un incremento del proprio fatturato, mentre questa percentuale scende al 20% fra quelle che non hanno seguito alcun processo di conversione.

 

Le eco-tendenze delle imprese

L’aspetto più critico rispetto a quattro dimensioni fondamentali per l’impatto ambientale dell’attività economico-produttiva (input energetici, emissioni atmosferiche, produzione di rifiuti, recupero di rifiuti) è quello degli input energetici, rispetto ai quali il 15,6% dei casi dichiara un aumento, in alcuni casi anche “forte”.

 

I benefici attesi dello sviluppo sostenibile

Come per le precedenti rilevazioni, i benefici attesi dalle imprese legati allo sviluppo sostenibile sono soprattutto legati alla riduzione dei consumi di energia elettrica e termica (giudicata “molto” o “abbastanza” importante da oltre i due terzi delle imprese intervistate, 66,9%), seguiti dall’aumento dell’efficienza energetica di impianti, macchinari, edifici (53,2%).

***

Il Rapporto 2014 sull’innovazione in Emilia-Romagna trae i dati da diverse fonti, fra le quali soprattutto dall’Osservatorio Innovazione Unioncamere Emilia-Romagna, strumento progettato e realizzato per rilevare, tramite interviste dirette, il grado di innovazione delle imprese emiliano-romagnole, studiandone i punti di forza, le aree di miglioramento e altresì le criticità e volto, più in generale, a cogliere le esigenze delle imprese del territorio.

Con il Rapporto 2014 sull’innovazione in Emilia-Romagna si presenta quanto emerso a livello regionale, procedendo alla comparazione dei dati con gli indici di riferimento nazionali e internazionali.

 

Il Rapporto è stato illustrato dal vignettista Gianluca Foglia, “Fogliazza”

Il Rapporto è disponibile in versione completa all’indirizzo https://www.ciseonweb.it/download/Report%20regionale%202014%20sull’innovazione.pdf?chk=86xdwybm2b&DWN=13162