ARALIYA_12Sono passati più di dieci anni da quando la cooperativa sociale Vagamondi di Formigine, specializzata nel commercio di prodotti equosolidali, ha iniziato a lavorare con lo Sri Lanka. In principio c’erano otto donne, perlopiù madri di bambini sordomuti, che cominciarono a produrre fiori finti realizzati con materiali vari, tra cui le calze da donna, spezie, semi e foglie, da utilizzare poi nel mercato italiano per il confezionamento di bomboniere. Attraverso il lavoro la cooperativa formiginese ha offerto a queste madri un lavoro dignitoso e vicino a casa per poter seguire i figli e gestire la famiglia. Nel 2007 Vagamondi ha aiutato queste donne a creare una vera e propria impresa, chiamata Araliya Community Company. Araliya, che in cingalese significa “bellezza di donna”, è il nome di un profumatissimo fiore bianco dello Sri Lanka usato, secondo antiche tradizioni, per dare il benvenuto agli ospiti. Negli anni Araliya Community Company è cresciuta fino ad avere nel 2010 ottanta dipendenti. «Adesso il gruppo di Aralya, formato da circa sessanta donne, lavora la corda di cocco, che è la materia prima principale utilizzata per produrre zerbini, sottopentole, piccole lavagnette portamessaggi ecc. – spiega Luca Borsarini, della cooperativa sociale Vagamondi – Inoltre le donne realizzano articoli in carta da giornale e piccoli fiori per il confezionamento di bomboniere». Le donne di Araliya hanno molta manualità e sono brave anche a cucire, tanto che alcune di esse si sono specializzate nella produzione di tovaglie, tovaglioli e centrotavola in cotone 100 per cento certificato; il tessuto è fornito da un’altra azienda storica del commercio equo cingalese. La retribuzione delle donne di Araliya rispetta i criteri stabiliti da Agices Equo Garantito, la principale associazione italiana del fair trade. Araliya lavora per diverse organizzazioni del commercio equosolidale in America e in Australia, ma il suo cliente più importante resta Vagamondi. «In questi anni la nostra cooperativa ha dato ad Araliya la possibilità di realizzare un sogno. Anche le donne cingalesi, però, ci hanno dato molto, a partire – conclude Borsarini – dalla certezza che un certo modo di fare cooperazione è possibile».