Un’altra interessante ed importante opera prima di un giovane regista italiano – già premiato per i suoi corti e mediometraggi – che ha avuto scarsissima diffusione in sala e che merita di essere vista da un pubblico attento alla qualità.

Con la proiezione ad ingresso gratuito di “Senza lasciare traccia” di Gianclaudio Cappai – 40enne regista originario di Cagliari, che sarà presente in sala – continua domani giovedì 4 maggio alle ore 21.00 presso la Sala Cinema Massimo Troisi di Nonantola l’undicesima edizione della manifestazione, organizzata dall’omonima associazione affiliata Arci. Il film – scritto e sceneggiato dallo stesso Cappai – è interpretato da Michele Riondino – famoso per essere in tv ‘il giovane Montalbano’ – dallo scrittore e attore Vitaliano Trevisan, da Valentina Cervi e da Elena Radonicich.

Bruno è gravemente malato di una malattia che ha origini lontane collegate ad un evento traumatico del passato. Sua moglie Elena cerca di stargli vicino ma non le è permesso varcare quel muro che Bruno ha eretto a protezione dell’orrore e della vergogna. Ma il destino vuole che Elena venga chiamata a restaurare un antico dipinto proprio nel luogo in cui è avvenuto l’evento traumatico che ha rivoluzionato la vita di suo marito, che sceglierà di seguirla senza avvisarla che ha un piano prestabilito in mente.

Gianclaudio Cappai debutta al lungometraggio di finzione dopo il successo del corto Purché lo senta sepolto, vincitore al Torino Film Festival, e dopo il mediometraggio So che c’è un uomo. Cappai ha una mano registica felice e una grande capacità di creare atmosfere (in questo caso inquietanti) utilizzando bene gli spazi, con particolare attenzione a quell’architettura agricola e industriale che costituisce il tessuto (anche estetico) del nostro Paese. (…) Cappai si cimenta con il noir alimentando quella corrente cinematografica italiana che saggiamente sta riscoprendo i generi, ma non può ignorare l’esistenza di un intero filone internazionale di “film di vendetta” che ha già i suoi maestri in autori come Park Chan-wook, abili soprattutto nella costruzione di sceneggiature che funzionano come congegni ad orologeria. Il quartetto di interpreti è molto efficace (e ben diretto). Cappai è estremamente evocativo nel creare (coadiuvato dallo scenografo Alessandro Bertozzi) un habitat originale per i suoi personaggi, che comprende una fornace dantesca capace di conciliare artigianalità italiana e istinti mefistofelici universali, giacché c’è chi è “incline al male fin dalla nascita”. Anche la metafora del fuoco che, come la rabbia e il rancore, va alimentato affinché continui a consumare le anime dei dannati è cinematograficamente interessante.