Si è svolta questa mattina, giovedì 4 aprile, presso l’auditorium di Confcooperative di Reggio Emilia, il nono appuntamento con uno dei temi più caldi presenti in Italia: il progetto “Noi contro le mafie”, che nell’incontro di quest’anno prende sotto esame un altro argomento estremamente attuale soprattutto tra i giovani, ovvero il mondo del lavoro. In collaborazione con la Cooperativa L’Ovile” e il Consorzio Cooperativo “Oscar Romero”, il convegno ha voluto descrivere e a raccontare gli intrecci che le attività della criminalità organizzata tendono a tessere nei confronti dei lavoratori, siano essi operai, dipendenti o imprenditori. Il titolo del confronto di stamattina, condotto dal giornalista Pierluigi Senatore, era “La mafia non dà lavoro e non crea sviluppo: la rivoluzione del lavoro cooperativo contro la mafia”, un incontro-dibattito al quale ha presenziato la vicepresidente della Provincia, Ilenia Malavasi, il presidente del Consorzio Oscar Romero e della Cooperativa L’Ovile, Valerio Maramotti, il presidente del gruppo cooperativo Goel, Vincenzo Linarello, il procuratore capo del Tribunale di Catanzaro, Nicola Gratteri e il direttore scientifico del Festival “Noi contro le mafie”, Antonio Nicaso.

Matteo Caramaschi, in qualità di presidente di Confcooperative, ha dato il benvenuto agli ospiti in un auditorium che ha ospitato vari dibattiti su problematiche ormai purtroppo così vicine alla cittadinanza reggiana, parte delle quali estrinsecate nel processo Aemilia.

La prima a prendere la parola è stata Ilenia Malavasi, la quale che ha celebrato con entusiasmo la nona edizione di questa iniziativa, nata anni fa, partendo proprio dalle scuole. Sono infatti gli studenti i principali destinatari dei messaggi emersi nel convegno finalizzato a creare una consapevolezza tra i più giovani di quello che è stato, di quello che è, e che non deve diventare il mondo della criminalità organizzata in Italia. Entrano infatti subito nel tema, uno dei punti chiave che la vicepresidente della Provincia ha sottolineato è stato questo: “le mafie non creano lavoro, ma privano di risorse il territorio, togliendo occasioni di sviluppo”.

Nel vivo del discorso entra il professor Antonio Nicasio, docente di storia delle organizzazioni criminali alla Queen’s University e della St. Jerome’s University in Canada, il quale, con passione e grinta, ha mostrato immediatamente il cuore della questione: “La mafia riesce a creare un sistema, utilizzando come capitale la violenza, la quale le permette di acquisire risorse. Se infatti solitamente, una persona con disponibilità finanziarie elevate riesce ad acquisire il potere, come può essere il caso della politica degli USA, la mafia utilizza il processo contrario, sfruttando il potere che ha sul territorio per accedere alle ricchezze”. Il professor Nicasio ha poi sottolineato come la mafia sia vista e vissuta come una vera e propria autorità sul territorio, che attraverso una fitta rete riesce ad agire sui singoli cittadini instillando un sentimento di timore e paura. Inoltre, la criminalità organizzata si può espandere fino a diventare quasi delle “agenzie di servizio”, dove il servizio offerto è la violenza. Un prodotto che spesso è stato accettato e sfruttato da diverse personalità del settore pubblico e privato.

Il presidente del Consorzio Oscar Romero, Valerio Maramotti, entra invece nello specifico del tema della giornata, descrivendo agli studenti quali siano i principi che regolano le cooperative sociali. Queste ultime, come illustrato, si dividono in cooperative sociali e di inserimento, soprattutto nel mondo del lavoro per persone con fragilità di tipo fisico, mentale o sociale. La lotta viene combattuta sullo stesso campo sfruttato dalla mafia: se infatti la criminalità si serve di promesse di impiego per sfruttare e manovrare gli strati più in difficoltà della società, per poi ricattare e tenere in scacco le persone “aiutate” a trovare lavoro, le cooperative sociali forniscono invece assistenza alle persone bisognose, non per arricchire loro stesse, ma per reinvestire il capitale guadagnato in un supporto ancora maggiore per altre persone che hanno bisogno di aiuto. Un modo ben preciso di combattere la sottomissione con l’inclusione.

Ad analizzare invece un altro aspetto è stato Vincenzo Linarello, partito dalla Calabria per portare un messaggio di rinascita che piano piano sta prendendo sempre più piede non solo sul territorio, ma anche e soprattutto nella mente e nel cuore della gente: “Goel è un nome di origine biblica, che indica il “riscattatore”, ovvero colui che paga il riscatto delle persone in difficoltà per ridare loro in modo del tutto gratuito, la loro libertà e la loro vita. Allo stesso modo, Goel vuole essere di esempio per tutte le persone, le aziende, le realtà e le regioni che cercano un esempio e un modello a cui aggregarsi per uscire dall’ombra della mafia ed esporsi alla luce del sole. Ed è proprio sotto i riflettori che va messa la criminalità, la quale può agire solo nell’ombra e subisce un duro colpo ogni volta che viene smascherata. La cooperativa infatti, fa sì che se una parte viene aggredita, tutte le altre la difenderanno a viso aperto, e quando è una comunità a reagire, non ce n’è per nessuno”.

Chiude la serie di interventi il dottor Nicola Gratteri, che da anni dirige e si fa carico delle attività di lotta contro la mafia, sia dal lato legislativo che sociale. Il procuratore, data la sua esperienza, ha descritto ai presenti uno specchietto di realtà che fa ben capire la situazione attuale soprattutto nel sud Italia: “Il membro mafioso è una figura territoriale, una vera e propria autorità locale che detta ed esige il rispetto di alcune regole, che se vengono trasgredite costringono l’autorità a reagire, con conseguenze anche tragiche”. Ma da qualche anno qualcosa sta cambiando, soprattutto all’impegno di realtà come Goel che piano piano stanno radicando nelle persone un pensiero, un’idea che deve diventare il grido di battaglia di questo movimento culturale e sociale nei cittadini, e che risuona nelle parole del professor Nicasio quando dice, a gran voce e a tutti gli Italiani: “Il territorio è nostro, e lo dobbiamo difendere”.