Tentare di realizzare un trasporto su gomma che sia sostenibile per l’ambiente e, dal punto di vista economico, per le imprese, è ora possibile, grazie al GNL, più noto come metano liquido. È quanto emerso nel corso di un seminario organizzato da CNA FITA Modena assieme a Federmetano.

“L’85% del trasporto merci, nel nostro Paese si muove su gomma. Un dato che richiama gli operatori ad una precisa responsabilità sul piano della sostenibilità ambientale. Ma questa sostenibilità, per essere condivisa, necessita anche di una compatibilità economica, che oggi, fortunatamente, è sempre più alla portata delle imprese del settore”, dice Gianni Righetti, presidente di CNA FITA Modena.

Lo dimostrano i dati: nel 2019 le immatricolazioni di veicoli pesanti (superiori a 3,5 tonnellate) alimentati a GNL sono stati 893, con una crescita percentuale a tre cifre rispetto all’anno precedente.

Per una diffusione di questi mezzi, però, sarà decisivo l’aumento della rete distributiva, che è sì in continua crescita, ma che oggi conta appena 1.365 impianti, dei quali solo 47 in autostrada. Una distribuzione, peraltro, poco omogenea, visto che la metà di questi distributori sono al nord e solo uno su cinque al sud, con il caso emblematico della Sicilia, dove non troviamo alcun impianto di metano.

Proprio nel campo della distribuzione, particolarmente rilevante è il ruolo svolto da un’azienda modenese, la BRN Bernardini, che a Brembate, nel Bergamasco, ha realizzato una stazione di rifornimento che è la prima in Europa per volumi di vendita di metano liquido.

A spingere il settore verso l’utilizzo di carburanti più ecologici rispetto al diesel sono anche i committenti: sempre più spesso le aziende attente all’inquinamento privilegiano fornitori con un’attività a basso impatto ambientale e il trasporto non è escluso da questa tendenza.

La risposta a questa domanda di adeguamento a criteri ambientalistici sta nei costi e nell’evoluzione dei mezzi. “A parità di prestazioni rispetto ai diesel – rivela Ernesto Rossi, di Scania – oggi ci sono sul mercato veicoli con autonomia che può arrivare ai 1.400 chilometri, in grado di garantire riduzioni di emissione di CO2 che partono dal 15% per arrivare, con l’utilizzazione di biometano, sino al 90%. Un carburante, quest’ultimo, di cui ci si può alimentare in una decina di distributori in Italia: quattro in Lombardia, uno in Veneto, tre in Emilia (di cui uno nel modenese, a Spilamberto) e tre in Campania.

Ma, al di là del carburante utilizzato, un adeguato stile di guida può portare di per sé a risparmi notevoli dei consumi, “sino ad un 12% – chi parla è sempre Rossi – con una ricaduta positiva sia in termini ecologici che economici”.

Come spesso accade, nelle scelte aziendali, la differenza la fanno (anche) i costi, ed il trattore di un camion a metano è ancora sensibilmente più caro di un diesel: circa il 25% in più, a cui vanno comunque sottratti gli incentivi statali. Più costosa anche la manutenzione, ma nel conto va messo poi il prezzo del carburante: ai costi odierni, un chilogrammo di metano equivale a poco meno di un litro e mezzo di diesel.

“Ma a fare la differenza spesso è la cultura, la conoscenza: spesso – chi parla è Licia Balboni, presidente di Federmetano non c’è la consapevolezza delle potenzialità che riguardano il metano. Un aspetto, questo, su cui c’è molto da lavorare”.