Il 2004 rischia di iniziare
all’insegna di un nuovo allarme caro-benzina. Nonostante
l’apprezzamento dell’euro che gioca a favore della tasche degli
automobilisti italiani, sui pieni di carburante incombe infatti
il fantasma di possibili rincari. Possibili rialzi dei prezzi,
che al momento sono solo sulla carta ma che si potrebbero
tradurre in un aumento fino a 1,5 euro a pieno. Vale a dire
intorno ai 25 centesimi di euro in piu’ al litro, pari a 50
vecchie lire in piu’.


A riaccendere i riflettori sul rischio di una nuova impennata
dei costi della senza piombo gioca l’andamento del prodotto sui
mercati internazionali che solo negli ultimi giorni hanno visto,
sul Platts’ (il mercato di riferimento europeo), le quotazioni
della verde guadagnare il 12% passando da 293 a 328 dollari a
tonnellata. Un apprezzamento – legato anche alla ripresa delle
quotazioni del greggio – solo in parte compensato dal
rafforzamento dell’euro sul biglietto verde: anche considerando
questo elemento il guadagno della senza piombo si attesta
infatti – secondo le cifre degli esperti di settore – al 9% con
un incremento, nelle ultime settimane, del prezzo internazionale
di un litro di carburante di 0,016 euro al litro (da 0,178 a
0,194 euro).

Se a tale rincaro si aggiunge anche l’aumento dell’accisa sul
carburante (+0,017 euro al litro) deciso dal Governo a fine 2003
per finanziare il fondo trasporto necessario al rinnovo dei
contratti dei servizi locali, il costo di un litro di benzina e’
aumentato cosi’ di 0,033 euro al litro (oltre 60 vecchie lire).

Aumento che per ora non e’ stato trasferito al consumo, se non
in piccola parte. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Unione
Petrolifera, il prezzo alla pompa del carburante – sempre nelle
ultime due settimane – e’ infatti cresciuto di soli 0,006 euro
al litro. Sulla carta, rimarebbe cosi’ lo spazio per un
potenziale aumento fino a 0,027 euro al litro. Aumento che
comunque non dovrebbe essere – secondo le prime promesse –
essere completamente trasferito al consumo. Il Governo aveva
infatti assicurato, in occasione del ritocco dell’accisa per
finanziare il fondo destinato all’ autoferro, di aver invitato i
petrolieri ad assorbire il relativo aumento attraverso i
benefici derivanti dall’apprezzamento dell’euro. Ed i petrolieri
avevano dato la propria disponibilita’ in questa direzione,
salvo pero’ ribadire che i prezzi avrebbero seguito come sempre,
l’andamento delle quotazioni internazionali.

Se la tendenza della materia prima sui mercati internazionali
non dovesse invertire la rotta, il rischio di vedere – prima o
poi – trasferire al consumo gli aumenti derivanti dai primi
calcoli sulla carta, resta quindi concreto.
Come sembrano dimostrare i primi segnali che arrivano dalle
compagnie: ieri Agip e Ip hanno rivisto i propri listini,
rialzando, rispettivamente, di 0,004 e di 0,005 euro al litro i
prezzi consigliati di vendita.

Sul fronte internazionale, nonostante nuovi record dell’euro
sul dollaro, la situazione e’ al momento tesa. Il greggio
continua infatti a guadagnare terreno con il paniere dei greggi
Opec da tempo sopra la forchetta 22-28 dollari indicata dallo
stesso Cartello come prezzo di riferimento (l’ultima
indicazione lo riporta a 29,30 dollari al barile). A Londra il
brent, il greggio europeo, e’ tornato intanto sopra la soglia
psicologica dei 30 dollari al barile con i contratti con
consegna per febbraio che negli ultimi due giorni hanno
viaggiato sopra i 31 dollari/barile, mentre dall’altra parte
dell’oceano lo stesso tipo di future sul Wti registrano
quotazioni sui 34 dollari al barile, ai massimi degli ultimi 10
mesi.