Il made in Italy della ceramica deve
riprendere a correre su tutti i mercati internazionali. Contro
la gelata dell’economia mondiale ed il supereuro il Governo
“deve trovare il modo di esaudire in tempi quanto più brevi
possibili le necessità del principale distretto della ceramica
italiana, ovverosia quello di Sassuolo”. Non ha il tono di una
richiesta di aiuto quello che il presidente di Assopiastrelle,
Sergio Sassi, lancia al mondo della politica. Sassi parla
infatti con la calma di chi rappresenta una realtà del Paese
che in un modo o nell’altro in passato è riuscita a ‘farcela’.

Sono naturalmente più di una, spiega, le richieste “che
abbiamo rivolto al Governo”. Fare il bene del Distretto della
ceramica di Sassuolo, da cui prendono il largo più dell’80%
delle piastrelle prodotte nel nostro Paese, “significa per noi
– avverte – partire da cose estremamente concrete”. Tra queste,
spiega, la creazione di infrastrutture capaci di supportare il
passaggio degli oltre 7 mila camion che ogni giorno attraversano
in lungo e in largo i 100 chilometri quadrati del distretto.
“Questa richiesta, sottolinea, “l’abbiamo già espressa al
ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi. Da 30 anni
chiediamo inutilmente che venga realizzata una bretella per il
collegamento di Campo Galliano a Sassuolo. Sono soltanto 15 km,
ma la sua realizzazione non vede mai la luce”. Per il bene del
distretto, aggiunge, bisognerebbe premere sull’acceleratore
dell’intermodalità trasportistica, sommare cioé gomma, ferro e
navi.

Il distretto, spiega, utilizza il 7% del consumo nazionale di
metano industriale. “Ebbene – rileva – chiediamo ancora una
volta che il suo costo venga abbassato, portandolo allo stesso
livello di altri Paesi nostri competitori come ad esempio la
Spagna, dove costa il 30% in meno che da noi”. Tutta colpa,
chiosa, della mancata realizzazione della liberalizzazione del
mercato del gas.


Alla luce di ciò, prosegue, le prospettive 2004 del Distretto
non sono di certo rosee. “Non a caso con il nostro Osservatorio
stiamo spostando in avanti il momento della ripresa di 6 mesi in
6 mesi”. Nel 2003 il made in Italy della ceramica ha perso
qualche posizione all’interno dell’Ue, “in quantità, però,
non certo in valore”. Sul fronte dei mercati internazionali,
ricorda, la buona notizia dell’anno scorso è arrivata dagli
Usa, i quali sono divenuti il nostro primo mercato di sbocco,
sia in valore che in quantità, archiviando complessivamente un
incremento del 12,5% rispetto al 2002, e l’anno prima
addirittura del 16,5%”. La passione degli Stati Uniti per la
ceramica italiana è provata dal fatto, informa Sassi, “che i
nostri prodotti costano mediamente il 30% in più rispetto a
quelli della concorrenza, il più delle volte firmata Made in
Spain”.

In termini generali nel settore mondiale delle ceramiche
l’innovazione, sottolinea il presidente di Assopiastrelle, “é
stata fatta soltanto dagli italiani: basti pensare alla
‘bicottura’, alla ‘monocottura’ e al ‘Gres porcellanato’
(smaltato e non)”. Una cartina al tornasole delle difficoltà
attraversate dal settore è rappresentata, spiega, da quanto
accantonato per l’innovazione tecnologica. “Negli ultimi 15
anni e fino a 2 anni fa – sottolinea – la quota di finanziamento
era compresa tra il 7 ed il 10% del fatturato del distretto.
Negli ultimi 2 anni questa percentuale è scesa al 5%, e questo
anche per colpa del deprezzamento del biglietto verde”.

Accoglie poi con soddisfazione la riduzione dell’Iva dal 20 al
10% per le ristrutturazioni nell’edilizia, previsto fino a tutto
il 2005. “Bene – osserva – anche se speravamo in una proroga
più lunga. Il provvedimento ha avuto in passato ed avrà in
futuro effetti positivi. Solo 3 anni fa, ai tempi della prima
riduzione, l’incremento del giro d’affari dei nostri prodotti
era stato del 3%.

Attualmente, ricorda da ultimo, il mercato italiano ‘assorbe’
ogni anno circa 180 milioni di metri quadri sui 600 milioni
prodotti in tutto il Paese. Anche la Spagna, aggiunge, “ha lo
stesso nostro livello di produzione, solo che lì nel mercato
interno vengono girati circa 300 milioni di metri quadri”.

L’ultimo capitolo toccato è quello della Cina. Sassi afferma
di non essere troppo d’accordo con l’istituzione nell’Ue di dazi
protettivi contro i prodotti provenienti da quel Paese:
“potrebbero essere una sorta di boomerang”, spiega. Invece,
conclude, “se la Cina è nel Wto, allora le autorità di
Pechino debbono giocare ad armi pari con tutti gli altri Paesi
del mondo, su tutti i livelli, dal costo del lavoro ai costi
dell’energia, dal rispetto per l’ambiente ai divieti in vigore
sui prodotti contraffatti”.