Nei rapporti tra aziende di credito, concessionari e Banca d’Italia, spetta allo Stato stabilire tempi e modalità per il riversamento all’erario delle somme relative all’acconto Iva versato dai contribuenti intestatari di conto fiscale.

Con una sentenza depositata in cancelleria (la n. 103), la Corte costituzionale ha risolto in questi termini un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Sicilia in riferimento a due decreti (disciplinanti le modalità di riversamento dell’acconto Iva del dicembre 1999 e del dicembre 2000) emessi dal Direttore generale del dipartimento delle entrate del Ministero delle Finanze in accordo con il Ragioniere generale dello Stato. I decreti hanno attuato l’art. 6 della legge n. 405 del 1990, il quale attribuisce all’amministrazione statale il potere di fissare i tempi e le modalità del riversamento all’erario entro il 31 dicembre delle somme relative ai suddetti acconti.

La Regione Sicilia aveva lamentato la lesione della propria autonomia finanziaria. Più precisamente aveva contestato ai decreti di non garantire “l’indispensabile immediata attribuzione all’erario regionale delle proprie spettanze”, “atteso che – aveva spiegato la ricorrente – nessuno specifico sistema, ne’ termine di adempimento, è stato previsto al fine dell’acquisizione delle stesse al bilancio regionale”.
I giudici della Consulta non sono stati d’accordo. “Non puo’ dirsi – hanno tra l’altro risposto dopo aver contestato con una analisi tecnico-giuridica le affermazioni della ricorrente – che l’interesse costituzionalmente protetto della Regione sia violato per le minime dilazioni nell’afflusso delle somme, imputabili alla interposizione delle operazioni del cosidetto sistema di versamento unitario dei tributi”. “Nè può parlarsi di lesione dell’autonomia finanziaria della Regione per violazione degli articoli 20 e 36 dello Statuto”.

Giudicata infondata anche l’affermazione che gli atti censurati disattendono il principio di buon andamento della pubblica amministrazione non essendo state, le disposizioni in questione, concordate con la Regione. “Non può certo considerarsi di per sè irragionevole e contrastante con il principio di eguaglianza – ha detto la Corte costituzionale – una eventuale e marginale diversità di disciplina fra Stato e Regione, ai fini delle modalità di riscossione e riversamento delle entrate”. E ancora: “gli interessi della Regione risultano comunque sufficientemente tutelati dalla disciplina introdotta dai censurati decreti, dal momento che gli stessi non prevedono alcun margine di discrezionalità dell’amministrazione finanziaria in occasione del riversamento delle risorse di spettanza regionale”.