Allarme lavoro per l’Italia. L’ultimo rapporto dell’Ocse (l’organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) indica che in Italia solo il 56% della popolazione in età lavorativa ha effettivamente un lavoro. Un dato che attesta l’Italia al terz’ultimo posto tra i paesi dell’organizzazione, seguita solo da Polonia e Turchia.

Il tasso di disoccupazione del 2003, all’8,6%, è rimasto ben al di sopra della media degli altri Paesi (7,1%) e il mercato del lavoro continua ad essere affetto dalla dualità – afferma – tra lavoratori dichiarati e sommersi.

Ma c’è anche un aspetto positivo nel rapporto Ocse, che sottolinea come negli ultimi cinque anni il tasso di occupazione è cresciuto in Italia di 4,6 punti percentuali, il terzo miglior risultato tra i paesi dell’organizzazione dopo Spagna e Irlanda.

Il tasso di occupazione, scrive l’Ocse, si confronta con i risultati di Canada, Olanda, Danimarca, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, tutti al di sopra del 70% e con la media del 65% tra tutti i paesi dell’organizzazione. E il dato scende in particolare in Italia tra giovani, donne ed anziani. In aggiunta, continua il rapporto, la crescita dell’occupazione negli ultimi 10 anni “è stata essenzialmente il risultato di una esplosione del numero di lavoratori in contratti temporanei, che sono cresciuti più della riduzione dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato, i quali godono di un livello di protezione legale relativamente elevato”.

Ma a pesare sul mercato del lavoro è anche un’altra forma di dualità: quella tra lavoratori dichiarati e lavoratori in nero. “Far emergere l’economia sommersa – si legge nel rapporto – permetterebbe lo sviluppo di un mercato del lavoro più equo e consentirebbe di allargare la base imponibile, rendendo disponibile le risorse necessarie per la messa in atto di riforma nel mercato del lavoro”.