Approda domattina, davanti alla Corte
Costituzionale, Il braccio di ferro tra il governo e le regioni Toscana, Umbria ed Emilia Romagna.
I giudici della Consulta – nel corso dell’udienza pubblica – ascolteranno le ragioni della Presidenza del Consiglio, che ha impugnato numerosi punti dei tre statuti regionali, e quelle delle regioni chiamate in causa.

Le decisioni sono attese tra
circa un mese, e comunque prima della fine di gennaio, quando scadra’ il mandato alla Corte del presidente Valerio Onida.
Ecco, in sintesi, le principali questioni di legittimita’ costituzionale sollevate dalla presidenza del Consiglio.



STATUTO REGIONE EMILIA ROMAGNA.
Dieci i punti censurati dal governo, tra i quali i piu’ importanti sono il diritto di voto agli immigrati residenti; l’esecuzione degli accordi internazionali stipulati dallo Stato nell’ambito delle materie di competenza regionale; il diritto di partecipazione al procedimento legislativo a tutte le associazioni che ne facciano richiesta; l’individuazione delle funzioni della citta’ metropolitana di Bologna; la discussione e l’approvazione da parte dell’Assemblea del programma di governo predisposto dal presidente della Regione. L’avvocato dello Stato, Giorgio D’Amato, anche stavolta pone l’accento, nella sua memoria, sulla violazione di numerosi principi costituzionali, primo fra tutti – per quanto riguarda il diritto di voto degli immigrati residenti – l’art. 48 della Costituzione, in base al quale lo status di elettore andrebbe riconosciuto solo ai cittadini.


Gli avvocati dell’Emilia Romagna, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi, chiederanno alla Consulta di dichiarare le questioni inammissibili o infondate. In particolare quelle sul diritto di voto ”non terrebbero conto della limitazione generale posta dalle stesse norme” in base alle quali tutte le attivita’ della Regione ”dovranno avvenire nell’ambito delle facolta’ che le sono costituzionalmente riconosciute”.