Con vari stratagemmi si
guadagnavano la fiducia di centinaia di anziani in varie localita’ del nord Italia, spesso parlando con l’inflessione dialettale del posto, quindi rifilavano loro giacconi in finta pelle anche per mille euro e macchine fotografiche in plastica per 500 euro.


Un’attivita’ decisamente redditizia, da 300 mila euro al mese, quella messa in piedi da un gruppo di napoletani in Veneto, Lombardia, Liguria, Trentino, Emilia e Toscana, ma che e’ stata stroncata dalla squadra mobile e dalla polizia municipale di Trento dopo accurate indagini e circa 26 mila telefonate intercettate e trascritte con la consulenza di esperti in dialetto partenopeo.
I colpi, secondo gli inquirenti, venivano accuratamente studiati dal presunto capo dell’organizzazione, Francesco De Vincentiis, 40 anni di Napoli, il quale, dopo aver pianificato i territori piu’ interessanti da battere e le vittime da colpire (sempre anziani fra i 78 e gli 85 anni), si occupava dell’approvvigionamento della merce, che veniva stoccata in un deposito-fabbrica nell’hinterland napoletano. Qui i giacconi in finta pelle erano anche prodotti, mentre le macchine fotografiche finte venivano importate dalla Cina. Trovati gli obiettivi, ogni lunedi’ i componenti della banda, una quindicina, partivano da Napoli per il nord Italia e trovavano sistemazione in alberghi. Quindi si mettevano al lavoro operando per tutta la settimana, per poi tornare a casa ogni venerdi’.
”Si ricorda di me”, questa la frase di rito con cui i componenti della banda avvicinavano per strada una donna anziana. Una volta ottenuta la sua attenzione, l’uomo si presentava parlando con l’accento del posto, dicendo di avere un negozio di materiale fotografico e che avrebbe dovuto consegnare al figlio o al nipote dell’anziana una macchinetta fotografica.
Per essere piu’ convincente il truffatore, con il proprio telefono cellulare, chiamava un complice facendolo passare per il figlio o il nipote della vittima e addirittura passandolo alla donna, la quale, a causa dell’eta’, non si accorgeva che l’interlocutore non era il parente (”daglieli mamma, daglieli”, diceva il complice simulando l’accento del posto).

Una volta convinta, la donna versava i soldi al ”venditore”, a volte prelevandoli dalla banca. In cambio riceveva una macchina fotografica, perfetta copia in plastica di modelli di marca.
Vittime della truffa delle giacche in pelle erano invece gli uomini, avvicinati con lo stesso sistema e in modo da ottenere le informazioni per farsi passare quale figlio di un vecchio collega di lavoro. Ottenuta la fiducia dell’anziano, il presunto truffatore proponeva di regalargli alcuni capi in pelle, in realta’ di finta pelle, del valore di poche decine di euro, chiamati ”suzzusielli” in dialetto napoletano. L’anziano accettava il regalo, ma subito dopo si sentiva chiedere del denaro quale contributo per associazioni benefiche. In nome della vecchia amicizia con il padre e convinto che comunque fosse un affare, l’anziano accettava.

La banda contava sul fatto che gli anziani, anche per vergogna, non avrebbero denunciato le truffe subite. Ma alla fine, alcuni di loro hanno cominciato a raccontare le loro vicissitudini, nel corso di incontri informativi organizzati dalla Polizia municipale di Trento proprio per debellare il fenomeno truffe. Grazie a un colossale lavoro di intercettazioni telefoniche, gli inquirenti hanno individuato i componenti della presunta banda. Ieri e’ stato attuato il blitz, autorizzato dalla pm Alessandra Liverani di Trento: gli agenti hanno fatto irruzione nella fabbrica di Napoli sequestrando 250 capi di abbigliamento, 140 macchine fotografiche e 20 mila euro in contanti. Quindi sono scattate le manette per nove persone considerate i componenti stabili della banda, che sono stati bloccati negli alberghi del nord Italia durante la loro ”settimana di lavoro”. Per tutti l’accusa e’ di associazione per delinquere finalizzata al compimento di truffe ai danni di persone anziane.