Il direttore di Nigrizia Carmine Curci, insieme all’autore e all’assessore alle politiche culturali del Comune di Fiorano Modenese Maria Paola
Bonilauri, interviene sabato 16 luglio, alle ore 18, al Castello di Spezzano, alla inaugurazione della mostra “Kenya. Kibera. Bambini di strada” di Alberto Givanni, fotografo professionista che focalizza l’attenzione sui bambini di una delle più grandi baraccopoli africane.


La mostra è curata dal critico d’arte Elisabetta Pozzetti, che insieme a
Italo Zannier, ha curato anche il libro “Kenya. Kibera. Bambini di strada”,
con testi del giornalista e scrittore Jean Leonard Touadi, del sindaco di
Roma Walter Veltroni, dello storico della fotografia Italo Zannier.

L’iniziativa è patrocinata da Nigrizia, Unicef, Comune di Roma, Regione
Emilia Romagna, Istituto Beni Artistici Culturali Naturali Emilia Romagna,
Provincia di Ferrara, Provincia di Modena, Provincia di Reggio Emilia,
Comune e Provincia di Mantova, Comune di Fiorano Modenese, Comune di Cento,
Comune di Correggio.


La mostra rimane aperta fino al 28 agosto, tutti i sabati, le domeniche e i
festivi, dalle 15 alle 19, nei giorni feriali su prenotazione ai numeri:
0536-833411/2.
Il castello è chiuso al pubblico il 23 e 30 luglio. A
settembre sarà a Fabbrico, poi nel 2006 a Cento, Correggio, Ferrara, Roma.

La mostra è la ulteriore tappa di un percorso che sta impegnando la
comunità di Fiorano Modenese sul tema dell’interculturalità, della
solidarietà, dei modelli di sviluppo. La stagione teatrale al teatro
Astoria, contrappuntata da rassegne di musica etnica, le diverse mostre
fotografiche e pittoriche, le attività didattiche per le scuole, le
iniziative a favore delle comunità gemellate di Rumuruti in Kenya, di
Itaberai in Brasile, di Nevè Shalom in Israele, hanno rappresentato i passi
di un cammino che porta a concreti frutti all’interno della stessa Fiorano,
dove in autunno si vuole costituire la consulta degli immigrati stranieri.



“Kenia. Kibera. Bambini di strada” è un progetto espositivo ed editoriale
di grande spessore per raccontare e dare voce a bambini che voce non ne
hanno, perché il più delle volte non hanno nemmeno il nome. Vivono in una
delle baraccopoli più grandi dell’Africa, quella di Kibera, nella quale la
densità demografica è difficilmente gestibile e quantificabile, perché in
continua evoluzione ed accrescimento. Il loro orizzonte visivo è
determinato dalla strada battuta sulla quale si innestano le fatiscenti
baracche di legno, lamiera o al peggio cartone, che cercano di sostenere la
seppur minima credibilità di abitazioni. Che si spartiscono contrapposte
quando i binari le tagliano introducendo con violenza un barlume di
progresso che si innesta però precario e disagevole. Questo e tanto altro
raccontano le fotografie del fotoreporter Alberto Givanni che negli ultimi
anni, in collaborazione con Nigrizia, ha documentato le diverse realtà
sociali che animano l’Africa orientale, tessendo un iter fotografico
sorprendente. Dopo aver raccontato il Sud Africa rurale con la
pubblicazione Africa oltre lo specchio (Minerva Edizioni, 2002), ha
descritto in 7000 km la poliedrica e sfaccettata situazione mozambicanain
Boa Viagem. Reportage dal Mozambico (Minerva Edizioni, 2004) ed ora con
Kenya. Kibera. Bambini di strada , curata dal critico d’arte Elisabetta
Pozzetti, focalizza l’attenzione sulla difficile realtà dei più piccoli, ai
margini della società cosiddetta “civile”, impegnati a sopravvivere e a
inventarsi quotidianamente una possibilità di vita normale.


Gli importanti contributi di Walter Veltroni, patrocinatore col Comune di
Roma dell’iniziativa, che ripercorre con emozione autobiografica la sua
esperienza in e per l’Africa, di Jean Leonard Touadi, editorialista e
consulente scientifico di numerose riviste, scrittore e autore televisivo,
è uno dei massimi esperti dell’Africa, oltre allo storico della fotografia
Italo Zannier che nel delineare i confini della fotografia “storica” in
Africa definisce la valenza estetica delle immagini oggetto di mostra e
pubblicazione. E proprio talifotografieci fanno precipitare nell’atmosfera
della baraccopoli: ci è dato di riconoscere gli ingredienti e di intuire
gli odori del pasto quotidiano fatto di scarti altrui, di percepire le
variazioni luminose e il divenire atmosferico del giorno, di cogliere i
differenti materiali che ne strutturano l’habitat, di leggere negli abiti
lisi e nelle calzature fatte con pneumatici riciclati frammenti di racconto
ulteriori. Come scrive Veltroni: “L’Africa bisogna vederla con i propri
occhi, è vero. Altrimenti non si può capire. Quando non si può, foto così
belle comunque aiutano molto. Aiutano a non dimenticare che il mondo è una
lotteria che fa vincitori e vinti, che gli sconfitti sono questi bambini
senza cibo e medicine, che cercano nell’immondizia degli altri i mezzi e il
modo per sopravvivere. Vincitori e vinti, una lotteria spietata”.
Il reportage di Alberto Givanni ci racconta le giornate difficili,
avventurose ma anche ilari dei più piccoli, latori silenti della nostra
coscienza e schegge di nuova speranza. Quella di una vita normale.