Il mercato del lavoro e la congiuntura economica degli ultimi anni hanno costretto le aziende a tagliare le spese su diverse voci, non ultima quella della manodopera. Ecco che, allora, a fronte di un vantaggio economico, le ditte si servono sempre più frequentemente di lavoratori non specializzati, provenienti da paesi stranieri ed “appaltati” da Società, Aziende o Cooperative di facchinaggio.

Ma che cosa succede se le aziende che usufruiscono di questo personale lavorano nel settore alimentare? Chi vigila sulla formazione dei lavoratori e sulla loro reale competenza, sul campo? E, soprattutto, la competenza può incidere sulla sicurezza? Anche di questo si è discusso a Sicura, la convention sulla sicurezza alimentare promossa da Modena Esposizioni, in collaborazione con le Aziende USL di Modena, Bologna e Parma, e il sostegno della Camera di Commercio di Modena, attualmente in corso di svolgimento presso il quartiere fieristico della città.

“Il problema – spiega il Dottor Giordano Iotti del Servizio Veterinario dell’Azienda USL di Modena – è nato dalla difficoltà dei Servizi Veterinari, nell’ambito del proprio compito istituzionale di ispezione e vigilanza, di verificare la formazione vera, cioè verificabile sul campo, dei lavoratori delle aziende alimentari. Il responsabile dell’Azienda ha il compito di garantire la formazione del personale che, se è dipendente, usufruisce della collaborazione del Servizio veterinario, che affianca un traduttore nel caso di stranieri. I cittadini extracomunitari, soprattutto provenienti dall’Africa e dall’Est Europa, infatti, nelle aziende del distretto modenese delle carni, ormai costituiscono la maggioranza. Tuttavia, quando si tratta di manodopera fornita da ditte terze, verificare la formazione e la professionalità di questi lavoratori diventa assai arduo e ciò può incidere sulla sicurezza, poiché, spesso, queste persone hanno concetti di igiene e sanità diversi rispetto ai nostri”.

Dal 1° gennaio 2006 entreranno in vigore i Nuovi Regolamenti Europei e, come conferma Giordano Iotti, “saranno richieste alle ditte delle garanzie sulla produzione degli alimenti, garanzie che non possono prescindere da una accurata conoscenza, da parte dei lavoratori, delle regole igieniche di base, dei processi produttivi e dei rischi ad essi connessi. Oggi, le aziende si cautelano tenendo agli atti una documentazione che attesta l’avvenuta formazione delle persone che operano al loro interno, ma, un domani, ciò non sarà più sufficiente, perché la reale formazione del personale dovrà essere accertata sul campo; pena pesanti sanzioni per il responsabile dell’azienda, con multe che vanno dai 2.000 ai 10.000 euro”.

Ma che cosa ne pensano le aziende? E’ vero o no che c’è una reale differenza qualitativa tra il personale dipendente, formato in ditta, e quello fornito da terzi? “Al giorno d’oggi – ribatte Cecilia Ciriesi della ditta Castelfrigo di Castelnuovo Rangone – l’imprenditore del settore alimentare si trova a dover gestire tre variabili, che devono sempre essere garantite: la sicurezza del lavoratore, la salute del lavoratore e del consumatore e la salute del prodotto. Per motivi quali la maggiore flessibilità, l’elasticità e la minore onerosità, spesso si ricorre a personale fornito da ditte esterne. Tuttavia, un’azienda seria lavora e produce un prodotto salubre indipendentemente dall’origine della manodopera. Ciò significa impegnarsi nella formazione, sia in azienda che all’esterno, creando corsi di formazione per il personale. Ciò va a tutto vantaggio della persona e della produttività, creando professionalità spendibili sul mercato”.