Garantire più sicurezza nella pianificazione degli insediamenti, sia abitativi che produttivi, contro il rischio idrogeologico, in un territorio, come quello collinare e montano, dove sono presenti numerose aree a rischio.

Si è insediata oggi, nella sala del Consiglio provinciale modenese, la conferenza di pianificazione che ha il compito di esprimere un primo parere sulle proposte che la Provincia intende adottare nella variante al piano territoriale di coordinamento provinciale per migliorare la sicurezza e la tutela dell’ambiente in caso di rischio frana.

Hanno partecipato alla conferenza, tra gli altri, Mario Bruschini, assessore alla Difesa del suolo della Regione Emilia Romagna, Maurizio Maletti, assessore provinciale alla Programmazione, Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente, rappresentanti dei Comuni modenesi, delle Province di confinanti con Modena, delle Comunità montane modenesi, degli enti di gestione dei parchi, dei Consorzi di bonifica, delle Autorità di bacino del Po e del Reno. Invitati anche i rappresentanti della associazioni di categoria e i sindacati. Durante la seduta sono stati illustrati il documento preliminare e il quadro conoscitivo sul dissesto idrogeologico.

“Scopo della conferenza – ha spiegato Maletti – è quello di favorire la condivisione degli obiettivi della Provincia per garantire sicurezza e certezze in fase di pianificazione di nuovi interventi. Abbiamo costruito uno strumento di programmazione territoriale condiviso che sarà punto di riferimento di tutti gli enti pubblici”.

Dal quadro conoscitivo illustrato durante la conferenza emerge che in oltre un quinto del territorio collinare e montano sono presenti 3.873 “fenomeni gravitativi” tra frane attive, quiescenti e aree potenzialmente instabili, comprese le microfrane inferiori ai quattro ettari di superficie. Il dissesto è stato fotografato applicando un sistema di analisi ancora più dettagliato che in passato (lo studio sul territorio è stato eseguito con una scala 1:10 mila invece che 1:25 mila come avveniva finora).

“Questa carta – ha sottolineato Caldana – rappresenta uno strumento prezioso per conoscere meglio lo stato della vulnerabilità del territorio al fine di prevenire i rischi aumentando la sicurezza. Questa conoscenza ci permetterà di individuare anche tutti gli strumenti di protezione civile e favorire uno sviluppo sostenibile del territorio”.

Dallo studio emerge che su una superficie collinare e montana di 1410 chilometri quadrati, quasi 50 (3,5 per cento) sono interessati frane attive (quelle che hanno dato segnali di movimento negli ultimi 30 anni), quasi 200 (oltre il 14 per cento) da frane quiescenti, cioè ferme da oltre 30 anni, mentre le aree potenzialmente instabili con evidenti fenomeni erosivi arrivano a 57 chilometri quadrati (4 per cento). In totale le aree con possibili criticità coprono un superficie di oltre 300 chilometri quadrati pari al 21 per cento del totale.

Applicando alle zone collinari e montane un “indice di pericolosità”, il piano territoriale individuerà nel dettaglio i diversi gradi di limitazione sull’uso del suolo fino al divieto di costruire nelle aree dove sono presenti frane dichiarate attive.

La carta del dissesto idrogeologico è stata costruita in accordo con la Regione, l’Autorità di bacino del Po e Reno.