I circa tremila anziani ospiti nelle 57 strutture presenti in provincia di Modena mangiano frutta e verdura fresca ogni giorno; se hanno patologie particolari o sono inappetenti, il loro regime alimentare è sottoposto a diete speciali o viene arricchito con integratori, sempre sotto controllo medico; i cibi pronti sono assenti dai loro menù ed i prodotti in scatola sono limitati a passata di pomodoro, tonno, legumi.

Le pietanze non sono mai proposte tritate o frullate, se non quando è strettamente necessario, per non attutirne il gusto e l’appetibilità; anzi, in tavola non mancano i piatti tipici della tradizione modenese, per mantenere un legame tra gusto, familiarità e terra di origine. Un quadro sostanzialmente positivo,che fa scaturire alcune proposte gestionali-organizzative per favorire la sorveglianza dello stato nutrizionale: ad esempio la valutazione sistematica del peso corporeo degli ospiti anziani.

I dati sono il risultato del progetto “Analisi del servizio di ristorazione nelle strutture per anziani in provincia di Modena: aspetti di qualità”, condotto dal Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) del Dipartimento di Sanità Pubblica e dalla Direzione sanitaria-Progetto Fragilità dell’Azienda USL di Modena. Il report con i dati è stato presentato oggi agli operatori del settore in un incontro presso la Camera di Commercio di Modena al quale hanno partecipato il dott. Giorgio Mazzi (Direttore Sanitario Azienda USL di Modena), il Dott. Andrea Guerzoni (Direttore Distretto di Modena), la Dott.ssa Adriana Giannini (Direttore Dipartimento di Sanità Pubblica), la Dott.ssa Maria Rita Fontana (Direttore Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione), la Dott.ssa Sabrina Severi (SIAN), il Dott. Alberto Tripodi (Responsabile Unità Operativa Nutrizione-SIAN), il Dott. Guido Federzoni (Direzione Sanitaria-Progetto Fragilità), il Prof. Luciano Belloi (Cattedra di Geriatria – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia) e il Dott. Raffaele Fabrizio (Responsabile Servizi Sociali – Regione Emilia Romagna).

I dati sono stati raccolti dal 2002 al 2005 (in questo periodo nelle strutture erano presenti per l’esattezza 2.977 anziani), attraverso un questionario integrato da verifiche dirette dei cibi presenti nelle dispense delle strutture. Tra le competenze del SIAN, infatti, rientra anche l’attività di controllo ufficiale, finalizzata a garantire l’idoneità igienico-sanitaria dei processi produttivi e la sicurezza dei prodotti alimentari nelle diverse fasi di produzione, preparazione e somministrazione.

A questo proposito, nel triennio 2002-2004 complessivamente sono state effettuate 175 ispezioni che hanno dato luogo a 67 prescrizioni regolarmente ottemperate. Le strutture vengono controllate ogni anno nell’ambito di piani concordati con il Servizio Veterinario e sottoposte a prescrizioni nel caso in cui si evidenzino irregolarità, in particolare nell’applicazione dell’autocontrollo.

Tornando all’indagine, uno degli elementi presi in esame ha riguardato la tipologia di gestione delle cucine. Ne è emerso che 33 strutture possiedono una cucina interna con personale proprio, 13 hanno una cucina interna in appalto, cioè gestita da ditte di ristorazione esterne, mentre 11 strutture funzionano da terminale pasto, cioè confezionano e distribuiscono i pasti prodotti da una ditta di ristorazione. Ogni tipo di gestione ha degli aspetti particolarmente positivi ed altri meno vantaggiosi. I curatori dell’indagine sottolineano però l’importanza che, anche in caso di una fornitura esterna dei pasti, la struttura sia in grado di garantire preparazioni estemporanee per soddisfare le richieste degli ospiti ed assicurare la flessibilità necessaria.

La ricerca ha, poi, analizzato il menù offerto nelle strutture, con particolare attenzione alla presenza di un menù formalizzato, cioè soggetto ad una programmazione temporale. Ne è emerso che la maggior parte delle strutture (53%) pianifica il menù su base mensile ed il 91% del totale offre due menù diversi a seconda della stagione, per evitare pasti monotoni e privilegiare cibi freschi a seconda del clima e della disponibilità. Dati positivi se si pensa che, per minimizzare il rischio di monotonia e poter sfruttare anche l’offerta di cibo quale occasione di stimolo e coinvolgimento dell’anziano, gli esperti consigliano di pianificare il menù su tre – quattro settimane.

La totalità delle strutture, inoltre, è in grado di offrire agli ospiti diete speciali per fare fronte alle patologie più diffuse in ambito geriatrico. Diete che vengono definite e prescritte dal medico che segue la struttura stessa. La presenza di figure professionali di supporto esperte in Nutrizione quali le dietiste, rappresenterebbe un prezioso contributo in contesti dove la qualità dei pasti incide sul livello di salute degli anziani istituzionalizzati. E, proprio al fine della sorveglianza nutrizionale, sarebbe necessario anche favorire l’implementazione della registrazione regolare del peso corporeo degli ospiti residenti nelle case di riposo.

Per quanto riguarda, invece, la modalità di somministrazione dei pasti, essa è risultata varia in base alle esigenze dei singoli anziani, spesso non autosufficienti. Numerose le diete frullate e/o tritate, con le diverse pietanze offerte insieme o separate, a seconda delle condizioni di salute dell’ospite. Il cosiddetto “soft diet regime” è proposto solo quando le esigenze lo impongono, poiché il cibo frullato fa perdere alle pietanze il loro straordinario potere evocativo, dato da sensazioni tattili, visive e gustative.

Per quanto riguarda, infine, la tipologia delle materie prime, nessuna struttura fa uso di minestre in busta; basso anche l’utilizzo dei prodotti in scatola, mentre, per le minestre di verdura, talvolta vengono utilizzati prodotti surgelati. Frutta e verdura di stagione, poi, vengono offerte ogni giorno. Di contro, appare, invece, un’abitudine radicata in tutte le strutture l’utilizzo di dadi di carne e verdura, mentre sarebbe auspicabile favorire l’uso di aromi, spezie ed erbette come esaltatori del gusto, secondo i dettami della dieta mediterranea.

Infine, la ricerca ha rilevato sensibilità e competenza in tutte le strutture, da parte del personale assistenziale, per quanto riguarda le bevande, con particolare riferimento al problema dell’idratazione dell’anziano, per il quale è stato ovunque adottato un protocollo giornaliero di somministrazione di liquidi.
In conclusione, è stato rilevato che la totalità delle strutture adotta menù alimentari nel complesso adeguati alle esigenze dell’anziano, meno rigidi dal punto di vista dietetico, ma più graditi all’utenza. Questo perché una dieta poco appetibile può essere rifiutata, determinando una carenza nutrizionale e la perdita di peso. A questo proposito, è stato dato spazio nei menù anche a piatti tipici della tradizione modenese. Il pasto offerto e consumato dall’anziano non rappresenta, infatti, solo energia e nutrienti. Il cibo è anche un mezzo con cui mantenere vive le sensibilità gustative, olfattive e visive. Ogni singola ricetta può essere uno strumento importantissimo per comunicare con gli anziani: i cibi, infatti, hanno in sé il potere straordinario di creare emozioni, di stimolare e anche di “farci sentire a casa”.

Tra gli obiettivi futuri del SIAN rientrano, a questo proposito, interventi formativi specifici per un approccio nutrizionale multidisciplinare, volto ad un’assistenza sempre più attenta e premurosa degli anziani e che preveda il coinvolgimento di tutto il personale che opera nelle strutture.