41 persone, tra impiegati e dirigenti delle poste di Bologna e provincia, sono state denunciate dagli uomini del Comando provinciale della Guardia di Finanza del capoluogo emiliano a conclusione delle indagini su una serie di operazioni irregolari relative a buoni postali fruttiferi. I reati individuati sono la tentata truffa, il falso ideologico e l’abuso di ufficio.


Si tratta della vicenda dei buoni postali che venivano sottoscritti, riconsegnati e nuovamente sottoscritti per diverse volte in modo da ottenere il ‘premio di produzione’ che la Cassa depositi e prestiti, cioe’ il Ministero del Tesoro, avrebbe poi pagato ad ogni singola agenzia per l’attivita’ svolta. Tra l’ottobre e il dicembre 2003, infatti, era stata promossa dalle Poste una campagna, battezzata ”rush finale”, che aveva come obiettivo l’incentivazione della vendita dei prodotti di risparmio e investimento postali e che prevedeva un premio di un milione di euro totale per i 100 uffici postali, e quindi per i dipendenti, che avessero ottenuto i migliori risultati. Gli incentivi dovevano essere commisurati all’ammontare lordo dei buoni postali fruttiferi, prescindendo dal periodo effettivo di durata dell’investimento. In questo modo per ottenere un buon risultato i buoni postali venivano sottoscritti, disinvestiti, ancora sottoscritti con vari escamotage. Gli uomini della Finanza hanno controllato circa 1.700 operazioni fatte in 110 uffici postali di Bologna e dintorni, accertando operazioni irregolari su buoni postali per circa 13 milioni di euro.


Le tecniche usate erano diverse. Veniva versato denaro disinvestendo e rimborsando a brevissimo termine i buoni. Il denaro veniva poi reinvestitio in buoni in un altro ufficio postale e cosi’ via, creando una catena di investimenti e disinvestimenti rapidi, che pero’ faceva salire la somma totale di denaro investito in buoni, anche se il numero di buoni in realta’ era sempre lo stesso. Altre volte venivano trascritti di proposito i dati dei clienti, cosi’ i buoni andavano rifatti e figuravano due volte. Oppure, ancora, venivano create provviste di denaro in proprio o nella disponibilita’ di familiari e amici, utilizzate per molteplici investimento e disinvenstimenti in buono postali.

In base ad una convenzione tra la Cassa depositi e prestiti e le Poste, pero’, la cassa doveva pagare una commissione del 2,63% sull’ammontare complessivo.

Il sistema illegale venne scoperto nel corso di una inchiesta condotta da Guardia di finanza e dal Procuratore aggiunto di Bologna Luigi Persico e ha originato inchieste analoghe in altre 40 procure territorialmente competenti. Il fenomeno e’ stato segnalato anche alla Corte dei Conti. Agli accertamenti ha collaborato anche il servizio ispettivo interno delle poste.