Nel Nord America il 50% dei pneumatici di ricambio montati sui mezzi di trasporto pesante sono ricostruiti. In Italia la percentuale corrispondente è del 35%. Questi dati derivano da una elaborazione dell’Airp (Associazione Italiana Ricostruttori di Pneumatici) su varie fonti tra cui in particolare l’americana Trib. Il divario tra Nord America ed Italia è molto ampio e non ha giustificazioni perché penalizza fortemente il nostro Paese in termini di costi di trasporto e in termini di impatto negativo sull’ambiente.

I pneumatici ricostruiti, in particolare per il trasporto pesante, hanno costi decisamente inferiori a quelli dei pneumatici nuovi e sono assolutamente affidabili. È per questo motivo che in paesi come gli Stati Uniti, molto attenti sia alla sicurezza stradale che ai costi, nell’autotrasporto pesante un pneumatico di ricambio su due è ricostruito. In Italia siamo molto lontani da questo livello. È una situazione che non trova giustificazioni anche perché sull’affidabilità dei pneumatici ricostruiti non vi sono dubbi, tanto che vengono sistematicamente e ampiamente utilizzati per gli aerei.

È dunque essenziale che l’Italia tenti di colmare anche in questo settore il ritardo nei confronti degli stati economicamente avanzati. Una buona occasione è costituita dalla imminente approvazione da parte del Consiglio della UE dell’obbligatorietà in tutti i paesi dell’Unione dell’omologazione secondo i regolamenti ECE ONU 108 e 109. Questa omologazione fortemente voluta dall’Airp, anche per colmare una ingiustificata disparità di trattamento con i pneumatici nuovi per i quali l’obbligatorietà è già in vigore, può essere l’occasione per rilanciare l’impiego dei pneumatici ricostruiti sia nel trasporto pesante che in generale su tutti gli autoveicoli.
Già oggi la stragrande maggioranza dei ricostruttori italiani dispone dell’omologazione ECE ONU (l’elenco dei ricostruttori omologati è disponibile al sito Airp).
L’obbligatorietà dell’omologazione, che prevede per i ricostruiti gli stessi controlli necessari per i pneumatici nuovi, consentirà però a tutti gli utenti di adottare i ricostruiti in assoluta tranquillità.

Si diceva in apertura che un maggior impiego di ricostruiti giova anche all’ambiente. Ricostruire i pneumatici consente infatti di rallentare il flusso di gomme usate che viene avviato alla discarica o a modalità di smaltimento potenzialmente inquinanti.br> Basti pensare che nel 2004 – secondo le elaborazioni dell’ufficio studi dell’Airp – l’impiego di ricostruiti in Italia ha permesso di sottrarre a smaltimenti inquinanti 48.600 tonnellate di pneumatici ed ha consentito inoltre un risparmio di 170 milioni di litri di petrolio, di 48.500 tonnellate di altre materie prime ed un risparmio per gli acquirenti di 288 milioni di euro. Tra l’altro, giova ricordare, che la valenza ecologica dell’attività di ricostruzione è stata riconosciuta nella maniera più ampia dal legislatore italiano che ha stabilito l’obbligo per le pubbliche amministrazioni e per i gestori di pubblici servizi di riservare ai ricostruiti almeno il 20% degli acquisti di pneumatici di ricambio.
Le ragioni dell’economia, quelle del risparmio e quelle della sicurezza, unitamente ad un orientamento univoco dei governi e dell’Unione Europea, impongono all’Italia di colmare quanto meno il divario con gli altri Paesi economicamente avanzati nell’impiego di pneumatici ricostruiti.