In concomitanza con la Mostra Internazionale dell’Alimentazione, Pianeta Birra Beverage & Co, MSE Seafood & Processing, Food & Beverage Logistics Expo (10-13 febbraio), Rimini Fiera SpA propone il tradizionale appuntamento con il Rapporto annuale sui consumi alimentari extradomestici, quest’anno affidato a NOMISMA, dal titolo ‘NEW FOOD FOR NEW PEOPLE, nuovi prodotti tra GDO e ristorazione fuori casa: concorrenza o complementarietà?’.


L’indagine è stata compiuta individuando un campione rappresentativo degli italiani residenti nei ‘centri capoluogo di provincia’ scelti in modo da garantire la rappresentatività della struttura urbana.



La ricerca “NEW FOOF FOR A NEW PEOPLE” è un importante contributo per valutare l’entità economica del pasto extra-domestico e per analizzarne i trend emergenti.
In particolare, nella sua seconda parte, la ricerca si concentra sull’incremento di acquisti di piatti pronti confezionati a libero servizio presso la Grande Distribuzione Organizzata: ipermercati, supermercati ed altri punti di vendita a libero servizio. Prodotti cotti e conditi, in vaschette già confezionate: primi piatti, insalate di riso e di farro, secondi piatti, verdure lessate o grigliate, insalate miste con il condimento pronto all’uso, macedonie fresche… vengono venduti a banco, senza assistenza alla clientela, si consumano freddi o velocemente riscaldati al microonde (elettrodomestico del quale le aziende sono ormai ampiamente dotate) e per ben il 32,8% del campione (6,6 milioni di italiani) rappresentano un’ottima alternativa per il pasto fuori casa.



ALIMENTARE EXTRADOMESTICO: LO SCENARIO ECONOMICO



IL PANORAMA UE.
Ad inizio 2005 i consumi alimentari dell’UE sono stati stimati in 1.287 miliardi di euro, il 33,8% dei quali riconducibile alla fruizione di pasti fuori casa.

Tra tutti i paesi dell’Unione Europea a 25 l’Italia è quello che, negli ultimi dieci anni, ha fatto segnare il tasso di crescita più elevato nel settore della ristorazione extra – domestica. In questo caso, la situazione descritta è il frutto di una forte crescita (+25%) messa a segno dal 1995 al 2001 e di un progressivo rallentamento negli anni successivi.

Nell’Unione Europea i consumi extradomestici incidono in media su quelli complessivi per una quota stimabile intorno al 33%. La situazione dei singoli paesi membri è però articolata. Nell’Europa del Nord il peso maggiore del fuori casa sui consumi alimentari complessivi si registra in Irlanda, con il 51,7%, nel Regno Unito con il 48,1% ed in Austria con 42,7%.

Tra i paesi mediterranei, paradossalmente il peso del fuori casa sui consumi alimentari complessivi è tra i più bassi. Infatti, con una quota del 32% l’Italia è superata dalla Grecia, dove il fuori casa pesa per il 46,8% che dalla Spagna con 50,5%.



ITALIA: OLTRE 60 MILIARDI SPESI FUORI CASA (+ 4,9 %)
In Italia, nel 2006, il mercato dei consumi alimentari extradomestici (valutato nella ricerca Rimini Fiera–Nielsen 2005 a quota 58,119 miliardi di euro) è stimato dalla ricerca Rimini Fiera–Nomisma in ascesa fino a 61,010 miliardi di euro, in aumento del 4,9%. Il dato Rimini Fiera – Nomisma è in linea con le più recenti previsioni dell’Istat che calcolano in 65,279 miliardi di euro il valore dei consumi extra – domestici in Italia nel 2008 (+ 12,2% sul 2005). I consumi “fuori casa” crescono dunque più rapidamente di quelli domestici e rappresentano ormai un terzo del totale dei consumi alimentari.

PASTO FUORI CASA. 70 EURO AL MESE PER OGNI FAMIGLIA; 27,6 LA SPESA PRO – CAPITE
In Italia, la spesa media mensile di una famiglia per il pasto fuori casa è di circa 70 euro, ripartiti tra: ristoranti e trattorie (45,7 euro), bar e pasticcerie (22,7 euro), mense aziendali e scolastiche (3,4 euro). La spesa media mensile procapite è 27,6 euro, ripartiti tra ristoranti e trattorie (17,6 euro), bar e pasticcerie (8,7 euro), mense aziendali e scolastiche (1,3 euro). La spesa per consumi extradomestici è in crescita ed il trend si è consolidato nei primo semestre del 2006: il 74% del ‘panel’ ha consumato almeno un pasto fuori casa; 18 milioni di italiani hanno consumato un pranzo fuori casa per motivi di lavoro (soprattutto uomini di età compresa tra i 25 ed i 34 anni, risiedenti al Nord); 19 milioni di italiani lo hanno fatto invece per svago e la maggior parte si è recata al ristorante; hanno invece consumato una cena per motivi di svago 28 milioni di italiani. (*da indagine semestrale Ismea – Nielsen, il profilo dal primo semestre 2006).



LE MODALITA’ DI CONSUMO



OTTO ITALIANI SU DIECI ABITUALMENTE CONSUMANO PASTI FUORI CASA
Consuma abitualmente pasti fuori casa, sia a pranzo, sia a cena, il 78,2% del campione. Nei grandi centri urbani, la percentuale di chi consuma fuori casa sia il pasto sia la cena sale all’82% coinvolgendo circa 7,6 milioni di persone. Il 28% degli intervistati ha poi dichiarato di consumare un pranzo fuori casa durante tutti i giorni della settimana lavorativa. Un ulteriore 7% consuma un pranzo fuori dalle mura domestiche anche nei giorni non lavorativi mentre un 19% dichiara fare un pranzo extradomestico “in media 2 o 3 volte la settimana”.



E IL PART-TIME SPAZZA VIA IL “CESTINO”
La frequenza dei pasti fuori casa coinvolge in percentuali simili sia i lavoratori a tempo pieno (79,8%) che quelli part-time. Va evidenziato che orari di lavoro più flessibili, e la cui lunghezza varia dalle tradizionali otto ore a part-time di sei o quattro, richiedono un’economizzazione del tempo e conducono ad una rivalutazione, in forme più moderne e pratiche, dello “snack portato da casa” introducendo l’abitudine a quello acquistato nel tragitto casa – lavoro. In questa logica, si inquadra la scelta di supermercati centrali di vendere panini e snack preparati al momento, puntando su di un’offerta più ampia, rapidità del consumo e prezzi convenienti.



A PRANZO VINCE IL BAR, A CENA IL RISTORANTE. PANINI E PIZZE INTRAMONTABILI. E LA PASTA ARRIVA SECONDA
Fra i luoghi di consumo domina il bar (31,3%), seguono il ristorante/pizzeria (27,5%) e la mensa aziendale (19,4%). Solo l’8% del campione porta il cibo direttamente da casa. Nove intervistati su dieci consumano invece la cena presso ristoranti/trattorie/osterie/pizzeria. Altri luoghi hanno percentuali molto basse, ma la più evidente e prima alternativa (5,1%) è il consumo presso colleghi/parenti/amici.

A pranzo, il 28,8% del campione dichiara di limitarsi ad un panino/tramezzino/toast. Al secondo posto il primo piatto (19,7%). Al terzo posto la pizza al trancio o intera (15,3%). Il 14,5% dichiara di gustarsi un pasto completo (11% nei grandi capoluoghi, il 18% nei piccoli centri).

La sera domina la pizza (51,3%), mentre il 25,6% si concede il pasto completo; panino/toast/tramezzino crollano all’1,6%.



RISTORANTE ETNICO? VOGLIA DI MESSICO… SPECIALMENTE IN PROVINCIA
L’indagine ha approfondito il gradimento dei ristoranti etnici. Negli ultimi sei mesi soltanto un intervistato su tre ha consumato un pasto fuori casa presso tali ristoranti o locali da asporto. Nei piccoli comuni capoluogo di provincia la percentuale scende al 24%. Il 43% degli intervistati indica nei locali cinesi quelli maggiormente frequentati, anche per la loro larga diffusione sul territorio. Seguono quelli giapponesi (17,6%) e spicca il messicano (8,8%, percentuale che curiosamente sale al 10,2 nei piccoli capoluoghi), mentre l’indiano si attesta al quarto posto (8,1%). I locali etnici vengono frequentati soprattutto per cena (71%). Mentre il 16% frequenta i locali etnici indifferentemente sia a pranzo sia a cena, senza distinzioni di rilievo tra grandi e piccoli comuni capoluogo.



PER QUALCUNO “COSTA POCO”… SETTE ITALIANI SU CENTO A CASA DI AMICI. PICCOLI CAPOLUOGHI PIU’ “BRILLANTI”
Per il pranzo, il 68% degli intervistati ha dichiarato di spendere non oltre 10 euro. La percentuale raggiunge il 75% tenendo conto di coloro che non spendono in quanto ospiti di terzi (7%). E’ interessante notare che le percentuali di coloro che dichiarano di spendere più di 10 euro sono sempre più elevate nei piccoli capoluoghi rispetto ai grandi capoluoghi.



CENA, QUANTO MI COSTI! La spesa media sostenuta per una cena fuori casa è ovviamente più alta che non per il pranzo, anche alla luce del tipo di locale. La cena è l’occasione di piacere/svago per eccellenza e questa circostanza condiziona anche il conseguente impegno finanziario. Più del 70% degli intervistati spende oltre 15 euro, e nello specifico il 33% ha dichiarato una spesa che varia da 20 a 30 euro.



PUBBLICI ESERCIZI: CLIENTE SODDISFATTO
L’indagine NOMISMA fotografa un grado di apprezzamento elevato dei consumatori per i locali commerciali: per il 47,4% del campione la valutazione è media, mentre per il 42,5% è alta. Il tutto senza distinzioni di rilievo tra grandi e piccoli centri. Valutazione complessiva (con un giudizio da 1 a 10) relativa alla soddisfazione rispetto ad tipo di servizio offerto da tali locali. (Nella valutazione considerare tutti gli aspetti: servizio, qualità dei prodotti, spesa sostenuta, caratteristica del locale…

IL CONSUMO DEI CIBI PRONTI CONFEZIONATI PRESSO LA GDO



ANDIAMO A PRANZO ALL’IPERMERCATO! PRODOTTO-SERVIZIO, L’OFFERTA COMPLEMENTARE DELLA GDO
La ricerca NOMISMA offre una prima, chiara, fotografia della nuova tendenza degli italiani ad approfittare dell’occasione di consumo alimentare extradomestico presso la GDO, legata all’alto contenuto di servizio offerto e alla necessità di ottimizzare il tempo. Ne emerge una nuova opportunità di consumo, che si aggiunge e che non sostituisce la tradizionale offerta dell’HORECA.
Nei cibi pronti confezionati a libero servizio (primi piatti, insalate di riso e di farro, secondi piatti, verdure lessate o grigliate, insalate miste con il condimento pronto all’uso, macedonie fresche…) sono apprezzati elementi come il gusto, l’originalità e la complessità della ricetta.
L’offerta della GDO tende ad accreditare i punti di vendita a libero servizio non più come semplici venditori di alimenti, bensì come potenziali centri di servizio di erogazione di pasti che non riflettono il concetto tradizionale proprio della ristorazione commerciale ma la capacità del sistema di adeguarsi alle nuove esigenze dei clienti.
Va evidenziato che i piatti pronti destinati a questo consumo devono adeguarsi agli standard qualitativi della GDO, quindi alle aziende fornitrici è richiesto uno sforzo di innovazione, un packaging accattivante, una varietà che attiri il gusto (o lo stile) del cliente e ne stimoli l’acquisto.



L’ALTERNATIVA DEL PIATTO PRONTO PRESSO LA GDO: PRATICITA’ E TIME SAVING. OTTIMO SERVIZIO!
Sul fatto che i piatti pronti della GDO siano una valida alternativa, concorda il 38,2% degli intervistati, pari a circa due persone su cinque. L’acquisto alternativo al consumo fuori casa coinvolge in complesso 6,6 milioni di consumatori. La quota sale al 45% tra tutti coloro che svolgono un un’attività lavorativa part-time (quattro ore).


PAUSA PRANZO? PIU’ TEMPO PER SHOPPING E FITNESS
Fra chi valuta i cibi pronti preconfezionati una valida alternativa al pasto fuori casa, l’aspetto economico inteso come “risparmio di denaro” è indicato come prioritario solo dal 13,6% del campione: la diffusione dei suddetti prodotti non sembra dunque essere soggetta a barriere psicologiche legate al prezzo di acquisto.
Ben più importanti le motivazioni legate al servizio connesso: Il 47,5% del campione indica nel risparmio di tempo il principale motivo di apprezzamento (mentre il 31,6% li ritiene più pratici): il mutare dei ritmi e della natura dell’attività lavorativa è dunque la base per considerare un approccio al consumo fuori casa che coinvolge anche la GDO.



In una logica di tipo culturale, alcune occasioni di consumo, quali il pranzo di lavoro, risentono della perdita degli aspetti conviviali, a vantaggio di una maggiore attenzione per l’individuo: la pausa pranzo viene utilizzata sempre più come momento di svago o attenzione agli interessi della persona – shopping, fitness, internet, salutismo riferito alla freschezza dei cibi – che momento di socializzazione tra i colleghi.



TRA I CIBI PRONTI IN GDO ANCHE L’ETNICO TROVA IL SUO SPAZIO
Il 5% dei cibi pronti confezionati acquistati presso la G.D.O. è costituito da cous cous cotto e condito, a dimostrazione del fatto che la gamma si adatta al cambiamento dei gusto ed alla nuova composizione della popolazione. In effetti, la ristorazione etnica è un segmento in sviluppo, la cui dinamica deve essere ricondotta alla progressiva riduzione della separazione “spazio-tempo” tra cittadini e culture del mondo, grazie ai nuovi mezzi di telecomunicazione: programmi televisivi, satellite, internet ed allo sviluppo continuo della mobilità delle persone sia per lavoro che per vacanza.
Nel caso specifico dei cibi pronti confezionati chi acquista, apprezza la possibilità di avere già pronte ricette non tradizionali – cous cous, paella, ecc.- elaborate, e che se realizzate tra le mura domestiche possono richiedere un’abilità culinaria non alla portata di tutti e difficoltà nel reperire gli ingredienti.



NELLA GDO LA PASTA RICONQUISTA LO SCETTRO: FREQUENZA, MODALITA’ E MOTIVAZIONE DEI CONSUMI
L’acquisto di cibi pronti confezionati è effettuato in netta prevalenza presso ipermercati e supermercati (85%). Il 24% del campione NOMISMA, cioè circa un intervistato su cinque, ha dichiarato di aver consumato, almeno una volta negli ultimi mesi, un cibo pronto confezionato in alternativa ad un pasto fuori casa presso la ristorazione extradomestica (4,1 milioni di persone): il 50% ha acquistato “primi piatti/risotti cotti e conditi” , il 28% “secondi piatti a base di carne cotti e conditi da scaldare/freddi”, il 27 “verdure lesse e spinaci”. La categorie meno consumate sono risultate essere la macedonia di frutta (8,2% ed i panini (5,5%).

Nella valutazione delle caratteristiche del prodotto prevalgono ancora una volta gli aspetti legati al servizio: la praticità di consumo indicata dal 34% degli intervistati e la freschezza che ha raccolto 14% delle risposte: ma l’apprezzamento che comunque viene fornito è quello per il tipo di ricetta, a dimostrazione che la qualità intrinseca del piatto è un elemento segnaletico che condiziona l’acquisto.

Il 50,9% degli intervistati acquista circa 2/3 volte al mese e un ulteriore 30% al massimo 1 volta alla settimana. La frequenza di 2/3 volte la settimana è appannaggio di solo il 16,4% del totale.

Il 42,7% degli intervistati ha dichiarato che la sostituzione di un pasto fuori casa con cibi pronti confezionati avviene in occasione della cena: in particolare, risposta è fornita dal 48% dei residenti nei grandi centri contro il 37% dei piccoli centri. Il 33,6% li compra invece in alternativa ad un pranzo tradizionale.