“L’Italia democratica – scrive il sindaco Claudio Pistoni – ha bisogno oggi più che mai di memoria, di tramandare valori nella consapevolezza della loro irrinunciabilità come baluardi fondanti della nostra democrazia, della nostra convivenza e del nostro progresso civile. Per questi valori, i cinque partigiani di Fiorano hanno combattuto a prezzo della loro vita la guerra di liberazione contro il regime fascista e l’occupazione nazista, culminata nella loro fucilazione il 15 febbraio 1945”.

Da quel 1945 ogni anno si ripete il pellegrinaggio dei parenti e dei fioranesi al muro ove furono legati e assassinati, dal 1976 inserito nel Monumento ai Caduti di Piazza Ciro Menotti. Domenico 18 febbraio 2007 si celebrerà il 62° anniversario, con il concerto della Banda di Solignano alle ore 9 in piazza. Alle 10 in corteo si raggiungerà la Chiesa Parrocchiale per la celebrazione della Santa Messa, poi posa corone al Monumento e, alle ore 11.15, saluto del Sindaco Claudio Pistoni presso il Palazzo Astoria. A conclusione concerto della Banda di Solignano.

Racconta il dott. Giulio Roccavilla in una sua memoria: “Nella notte fra l’11 ed il 12 febbraio 1945, venne ucciso un tedesco a Fiorano in via Roma (oggi via Gramsci). In paese il mattino dopo regnavano angoscia e terrore per la probabile rappresaglia tedesca; molti uomini fuggirono sulle colline, anch’io volevo scappare ma c’era il gelo e mio padre era a letto con una grave forma di influenza. Decidemmo perciò che io mi nascondessi al solito sotto le fascine in cantina. Il giorno dopo si seppe per Fiorano che forse il pericolo per il paese e per la popolazione era diminuito, ma purtroppo altri nostri fratelli stavano per essere uccisi: cinque partigiani già catturati dai tedeschi e fascisti erano stati portati da Modena a Fiorano e tenuti sorvegliati in attesa di decisioni che sembravano sempre più tragiche. E venne infatti l’orribile sera del 15 febbraio: noi eravamo già in casa per il coprifuoco, i tedeschi cominciarono a girare per il paese ed a presidiare gli incroci stradali. Io udendoli ero, già terrorizzato, nascosto in cantina. Poco dopo si sentì la sinistra mitraglia tedesca sparare nella piazza del paese e cinque nostri fratelli venivano barbaramente massacrati: fra essi un giovane di Modena che abitava vicino a casa mia, Raimondo Dalla Costa” (20 anni). Con lui furono uccisi Giuseppe Malaguti (42 anni, con moglie e tre figli), Riccò Rubes (19 anni), Filippo Bedini (25 anni), Tauro Gherardini (23 anni, con moglie e due figli).

Un altro testimone oculare così ha raccontato quello che ha visto: “Io avevo undici anni quando hanno fucilato quei poveretti lì contro. Abitavo lì e ho visto tutto. Arrivavo al davanzale con gli occhi e ho visto e sentito tutto. Li hanno messi in fila lì davanti e hanno sparato. Alcuni non erano neanche morti del tutto e si sentivano i loro lamenti. Faceva freddo, c’era la neve in terra. Era il 15 febbraio. E non li hanno mica portati via. Li hanno lasciati lì in terra perché tutti dovevano vederli e imparare la lezione. C’era il sangue sulla neve e questi corpi lì sdraiati… Poi, se Dio ha voluto, il Cappellano con un carro li ha caricati e portati via”.