Non solo l’invito formulato dalle parti economiche – associazioni e sindacati – a non aumentare le irpef comunali è andato disatteso (nella nostra provincia solo nove comuni su 47 non sono intervenuti sull’addizionale Irpef), ma l’incremento è stato fatto in modo eterogeneo, costringendo le imprese a spendere rilevanti risorse per adeguarsi alle diverse imposizioni.

Cna ha calcolato l’incidenza delle aliquote nazionali, regionale (aumentata rispetto all’anno scorso in modo variabile tra lo 0,2 e lo 0,5%) e locali (ipotizzando un aumento medio di quest’ultima dello 0,3%) al variare del reddito, nel caso di un lavoratore autonomo senza carichi familiari. Di fatto, per un lavoratore autonomo, le addizionali regionali e comunali – in quest’ultimo caso nell’ipotesi, lo ribadiamo, di un aumento dello 0,3% – annullano la minore Irpef nazionale intorno ai 21.500 euro di reddito lordo.
E la situazione non è molto migliore per i pensionati. Tra questi ultimi, infatti, il reddito in cui le addizionali annullano i minori oneri nazionali si aggira intorno ai 18.500 euro chi ha meno di 75 anni, e nuovamente ai 21.500 euro per chi ha più di 75 anni.

Viene da chiedersi se gli enti locali, prima di disegnare le proprie “”finanziarie” tengano conto di questi calcoli. Oppure, se, al contrario, non ci si basi soltanto sulle ragioni di cassa. Che, tradotto, significa compensare le uscite non già attraverso manovre strutturali in grado di migliorare l’efficienza delle macchine amministrative – servizi inclusi, ma agendo sulla leva delle tasse. Del resto la richiesta di un abbattimento della burocrazia va anche in questa direzione. Esempi negativi, purtroppo, non mancano. Come gli sportelli di sostegno alle nuove imprese (guarda caso, un’attività svolta anche delle associazioni di categoria), che costano soldi a fronte di risultati che potrebbero arrivare a costo zero con opportuni convenzionamenti proprio con le associazioni.

Ma oltre al danno – l’aggravio impositivo – c’è la beffa che attende le imprese, che sono alle prese con le difficoltà amministrative che fanno riferimento all’elaborazione delle buste paga. Di ogni dipendente, infatti, occorre conoscere il comune di residenza attuale, quello dell’anno prima, verificare le aliquote di ciascun comune – e comuni limitrofi potrebbero avere aliquote anche molto differenti – versare l’Irpef dovuta, però a rate, facendo attenzione ai calcoli, perché le detrazioni (che l’anno scorso erano deduzioni), che valgano per l’Irpef statale non si applicano a quelle locale, e via dicendo. Insomma, all’inasprimento delle tasse si aggiungono i maggiori costi da sostenere per pagarle.

Non meno diversa è la situazione dell’Ici, un’imposta che ormai ha già raggiunto valori difficilmente superabili. Basti pensare che l’aliquota ordinaria – quella che comprende gli immobili dell’imprese – è passata da una media, riferita ai comuni modenesi, del 5,16% nel 1995 al 6,88% 2006. Qui l’unico elemento incoraggiante sta nel fatto che ulteriori aumenti sono improbabili, visto l’aliquota massima è fissata dalla legge al 7%. Peraltro nella nostra provincia sono 18 (su 47) i comuni che non applicano l’aliquota massima, e soltanto due quelli che stanno al di sotto del 6,5%.

E anche per questa imposta, al pari dell’Irpef, in merito a complessità c’è poco da scherzare, perché in questo caso le detrazioni variano ogni cento metri, mano a mano che si sposta da un comune all’altro.
Visto che l’invito a non aumentare le imposte locali è stato di fatto inascoltato – a parte rari casi come la Provincia e nove comuni – almeno che le amministrazioni si consultino per stabilire una certa omogeneità, quanto meno per area – delle proprie imposte principali, è appunto il caso di addizionale Irpef ed Ici, così da consentire alle imprese di rendere un po’ meno difficile la propria attività.

Per finire la Tarsu, l’anno scorso trasformata in tariffa. Bene, operazione condivisibile: è del tutto opportuno che ognuno paghi per i rifiuti che produce. Ma allora perché, nel 2007, applicare un aumento indiscriminato del 2,9% che non tiene conto dei singoli comportamenti virtuosi individuali?
La realtà è che questa “tariffa” – considerato anche il regime di monopolio di questo mercato – è e rimana yuna tassa occulta che deve garantire un utile ai comuni. Alla faccia delle liberalizzazioni.

(Cna Modena)