In questi giorni cinque cuccioli di capriolo sono stati affidati alla Polizia provinciale da alcuni cittadini che li avevano recuperati, ritenendoli in difficoltà, nei prati intorno a Fanano, Pievepelago e Serramazzoni. Gli animali stanno bene e ora sono accuditi dai volontari nella sede del Centro in via Nonantola 1217 a Modena.


Come spiegano i tecnici del servizio Faunistico della Provincia, i cittadini non avrebbero dovuto intervenire, perché gli animali in realtà non stavano correndo alcun rischio. Questo, infatti, è il periodo della riproduzione dei caprioli e dopo il parto capita spesso che la madre abbandoni temporaneamente il piccolo, lasciando incustoditi i propri piccoli per lunghi periodi del giorno (anche svariate ore), limitandosi a sorvegliarli a distanza, ed a mantenere il contatto con essi tramite segnali acustici, avvicinandoli solo per allattarli.

Non si tratta, quindi, di cuccioli abbandonati ed è sbagliato toccarli nell’intento di soccorrerli o portarli a casa anche perché la detenzione di questi animali è vietata.
Nessuno tocchi “bambi”, dunque. Quando ci si imbatte in un piccolo daino o capriolo acquattato in un prato occorre allontanarsi subito perché il contatto con l’uomo produce inevitabilmente un’alterazione dell’odore dei cuccioli, con l’effetto di rendere la madre molto circospetta fino al punto di abbandonarli.
Come spiegano i tecnici “bisogna allontanarsi senza toccare gli animali e senza indugiare nei dintorni per evitare che la madre, percependo la presenza dell’uomo si allontani, esponendo i cuccioli ai morsi della fame”.
L’unico pericolo che corrono questi animali è di finire tra gli ingranaggi delle macchine agricole come successo nei giorni scorsi in due casi a Zocca e Guiglia.
Un capriolo, infine, è stato trovato morto, giovedì 17 maggio, quasi certamente investito da un’automobile lungo la strada comunale che collega Castelnuovo Rangone a Levizzano. Sul posto sono intervenuti i volontari del Centro fauna selvatica il Pettirosso”, su segnalazione del servizio Veterinario di Vignola. Siccome l’animale portava un collare da cane, molto probabilmente era stato allevato da privati, pratica non consentita dalle legge.