Spiegando che è “un interesse generale” verso l’inchiesta umbra “per sapere di cosa si tratta”, la Procura di Bologna chiederà ai Pm di Perugia le carte dell’indagine antiterrorismo che ha portato all’arresto dell’imam della moschea di Ponte Felcino e di altri due marocchini.

Più di uno filoni di inchiesta sul terrorismo islamico aperti a Bologna.
Nel maggio 2006, ad esempio, vennero fatte 18 perquisizioni nell’ambito di una presunta cellula terroristica che avrebbe fornito supporto logistico ad altri militanti dell’integralismo.
Sempre nel 2006, il Pm Luca Tampieri chiese 18 catture che però vennero respinte prima dal Gip e poi dal Tribunale del riesame. Le motivazioni del riesame suscitarono polemiche: ”Restano esclusi dall’ambito della definizione di terrorismo gli atti di violenza, da chiunque compiuti – scrissero i giudici -contro militari impegnati in un conflitto armato, salvo la illiceità di tali atti sotto altri profili del diritto internazionale umanitario (crimini di guerra o contro l’umanità)”.
L’indagine su un’altra cellula di supporto logistico nel 2003 portò a 17 condanne (e 21 assoluzioni) da parte del Tribunale di Bologna. Si sarebbe trattato di una cellula di integralisti islamici che da Bologna falsificavano documenti e smistavano denaro contraffatto, dando supporto logistico alle attività terroristiche del Gia in Europa. Alcuni imputati nel processo furono poi arrestati nel corso del conflitto in Afghanistan e portati nel campo di Guantanamo bay.

Un possibile obiettivo del terrorismo islamico a Bologna viene considerata la Basilica di San Petronio.
Nella Basilica, che sorge su Piazza Maggiore, è esposto l’affresco di Giovanni da Modena, risalente al 1415, che raffigura una scena del 28/o canto dell’Inferno di Dante in cui Maometto appare nudo tra gli idolatri: immagini ritenute blasfeme dagli integralisti islamici.