Oltre 200 mila litri aceto balsamico sono stati sequestrati a Reggio Emilia dai carabinieri dei Nas di Parma. I Nas hanno accertato che acetaie, con sede a Casalgrande, Castellarano e Cavriago, per la produzione di Aceto balsamico di Reggio Emilia utilizzavano da tempo materie prime non idonee e additivi, procedure non ammesse dal disciplinare di produzione Dop.

I responsabili sono stati denunciati per frode nell’esercizio del commercio e falso in certificazioni e nei loro confronti sono state contestate violazioni di carattere amministrativo.
Gran parte dell’aceto (185 mila litri) è stata sequestrata nell’azienda che ha sede a Casalgrande e Castellarano, dove i carabinieri hanno scoperto l’utilizzo di due unità produttive sprovviste delle prescritte autorizzazioni sanitarie, in cui era in corso la fase di affinamento del prodotto, in cattivo stato di conservazione e in locali invasi da insetti e parassiti.
Sostanzialmente analoga la situazione venuta alla luce nell’azienda di Cavriago, dove i Nas hanno sequestrato circa 25 mila litri di prodotto.

Il presidente del Consorzio di tutela dell’acetobalsamico di Reggio Emilia, Carlo Ferretti, che parla di “inevitabile danno di immagine derivante dalla diffusione di queste notizie”, per tutti i 65 produttori di aceto balsamico del
Consorzio (23 quintali di aceto nel 2006).
“Riusciremo a dimostrare che la nostra correttezza e che i produttori non hanno utilizzato sofisticazioni – afferma – anche se purtropppo nessuno pagherà per questo danno”.

Ferretti critica i metodi di accertamento attualmente utilizzati che “presentano – dice –
gravi carenze normative che vanno colmate al più presto”. Nemmeno gli organismi certificatori, spiega, sono in grado di stabilire il grado di invecchiamento dell’aceto balsamico.
Per quanto riguarda i sequestri dei Nas nelle aziende, Ferretti evidenzia che “i carabinieri hanno contestato come grave violazione la presenza di barili di aceto balsamico accanto a quelli in cui è contenuto il condimento. Ma noi – prosegue – che
utilizziamo queste pratiche da sempre e che oggi sono considerate sbagliate, siamo sicuri che non sono state fatte frodi. E’ probabile, invece, che qualcuno abbia utilizzato qualche mosto
più denso rispetto al consentito”.
Per risolvere le carenze normative, “occorre mettersi dietro a un tavolo – conclude Ferretti -. Venti anni fa la situazione era in un modo, e le norme di oggi non sono sufficienti, con organismi certificazione che ancora devono acquisire la giusta
competenza per certificare”.