Castelfranco Emilia è da poco diventata città. Non si tratta di un mero cambiamento semantico od istituzionale, ma piuttosto di una modifica sostanziale di un territorio che in questi anni è cambiato radicalmente.


“Se – rileva Valdis Borghi, presidente Cna di Castelfranco – in un passato anche recente potevamo, infatti, pensare a Castelfranco come ad una città a vocazione agricola, ora è inconfutabile che l’economia locale poggi, invece, sulla produzione manufatturiera e sul commercio. Tutto ciò ha portato molti interessi a gravitare sull’area, rendendo certo più difficile il controllo del territorio. Interessi, peraltro, non sempre “positivi”, legali: la nuova ricchezza ed il benessere, infatti, sono sempre accompagnati da episodi di delinquenza, più o meno eclatanti, più o meno striscianti”.

“Occorre anche osservare – sottolinea il presidente di Lapam Federimpresa di Castelfranco William Toni – come Castelfranco – che oggi sfiora i 29.000 abitanti, contro i 23.000 di realtà come Vignola e Mirandola, dove trovano posto rispettivamente un Comando di Tenenza dei Carabinieri ed un Commissariato di Polizia – oltre ad essere cresciuta dimensionalmente ed economicamente, sia uno snodo importante del traffico che va da Bologna a Modena, con vie di “fuga” importanti rispetto alla viabilità principale”.

Logica conclusione di queste considerazioni, secondo i due presidenti, è la rivendicazione della necessità che Castelfranco sia la sede per così dire naturale di un Commissariato di Polizia. E chiudere gli occhi davanti ad una simile, oggettiva esigenza, accampando motivi di bilancio è dannoso alla percezione della sicurezza – e con esso del ruolo dello Stato – dei cittadini, ed alimenta quei fenomeni di “sfascismo” che stanno prendendo sempre più piede nell’intero Paese.