«Il rispetto dei diritti umani in Cina e in Tibet non è un problema interno cinese, ma riguarda il mondo intero. Le nostre organizzazioni sindacali devono pertanto aprire una seria discussione sulle imprese italiane in Cina e su come intervenire su di loro, perché se non dobbiamo avere paura della globalizzazione dell’economia non si deve rinunciare alla globalizzazione dei diritti».

Lo affermano i segretari provinciali di Cgil-Cisl-Uil di Modena commentando i drammatici avvenimenti in corso nel Tibet ed esprimendo solidarietà alla popolazione tibetana.

«Le poche notizie che ci giungono dal Tibet rivelano la rivolta di grandi strati della popolazione verso un governo centralista e autoritario che impone ai tibetani, oltre alla repressione, salari da fame, nessun diritto sociale, limitazioni gravissime e intollerabili nel tema dei diritti umani e di libertà di espressione politica e religiosa – dicono Donato Pivanti (Cgil), Francesco Falcone (Cisl) e Luigi Tollari (Uil) – Non si comprende la sistematica violazione dei diritti umani operata dalle autorità cinesi se non si tiene conto del sostegno delle forze economiche dei paesi occidentali. Il governo cinese è forte della complicità delle imprese e dei governi occidentali. Tuttavia – proseguono i tre segretari confederali modenesi – la proposta di boicottare le Olimpiadi non ci trova d’accordo. Riteniamo, infatti, che un tale evento di livello planetario potrà aiutare il consolidarsi in quel vasto paese di un sentimento democratico e la possibilità di dare parola e visibilità ai problemi che in nome del mercato nessuno vuole vedere. Ciò nonostante i governi occidentali non possono colpevolmente ignorare quanto succede. Al governo italiano – proseguono Cgil-Cisl-Uil – chiediamo di schierarsi dalla parte dei diritti civili e contro l’oppressione, di esprimere solidarietà al popolo tibetano e di condannare senza riserve il regime cinese».

Cgil-Cisl-Uil condannano fermamente la repressione in atto e chiedono che si mobiliti tutta la comunità internazionale per arrestare le violenze e per avviare un dialogo che porti a forme di convivenza pacifica, rispettosa delle culture e dei valori dei popoli, delle minoranze etniche e religiose.