Sono tornati in Italia i corpi dei sei militari della Folgore uccisi nel tremendo attentato di giovedì a Kabul, in Afghanistan. Il C130 con a bordo le bare dei parà è atterrato nello scalo romano di Ciampino. Ad accogliere i feretri una delegazione di circa quaranta persone, i familiari delle vittime e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.La prima a toccare il suolo italiano è stata la bara con la salma del capitano Antonio Fortunato; a seguire quelle del sergente maggiore Roberto Valente, del caporal maggiore capo Massimiliano Randino e dei caporal maggiori scelti Matteo Mureddu, Giandomenico Pistonami e Davide Ricchiuto. Benedette dal cappellano militare, monsignor Vincenzo Pelvi, le sei bare sono state poste davanti al velivolo militare fra due ali di persone: da un lato le massime autorita’ istituzionali, civili e militari con in prima fila il capo dello Stato a fianco dei presidenti dei due rami del Parlamento Renato Schifani e Gianfranco Fini, del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, del ministro della Difesa Ignazio La Russa, del ministro della Semplificazione legislativa Roberto Calderoli, del leader dell’Udc ed ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, del governatore del Lazio Piero Marrazzo, del sindaco di Roma Gianni Alemanno; dall’altro, il capo di stato maggiore della Difesa generale Vincenzo Camporini, il capo di stato maggiore dell’Esercito generale Giuseppe Valotto e un picchetto d’onore dei paracadutisti della ‘Folgore’.

La mano aperta e posta sul feretro avvolto nel tricolore, quasi ad accarezzarlo: con questo gesto, ripetuto sei volte, sempre accompagnato da un reclinarsi del capo, il presidente Napolitano ha reso omaggio ai sei militari italiani caduti nell’attentato terroristico.

Sarà aperta al pubblico dal primo pomeriggio di oggi la camera ardente che accoglierà al Celio di Roma i feretri con le salme dei sei para’. Domani i funerali.

In nottata, poco dopo l’1.30 e’ arrivato a Fiumicino l’aereo Alitalia con a bordo i quattro militari feriti.

Intanto, nell’attentato di giovedì mattina sem­bra certo che alcuni talebani armati avrebbero sparato sui militari. Un conflitto a fuoco durato circa tre minuti che confermerebbe l’ipotesi, non confermata ufficialmente, di una “trappola complessa”. E’ questo quanto riportano alcuni quotidiani, citando fonti Isaf-Nato coinvolte nelle fasi prelimi­nari dell’inchiesta.

Lo scenario descritto vede la presenza non solo di un’autobomba ma anche di un gruppo di militanti filotalebani arma­ti di mitragliatori e apposta­ti tra alcune montagnole di terra e detriti un centinaio di metri sulla sinistra della carreggiata rispetto alla di­rezione di marcia dei Lin­ce.

Dopo l’esplosione i militari italiani superstiti sono scesi dal Lince danneggiato e – raccontano alla Folgore – si sono visti bersagliare da colpi di armi leggere. Assordati dalla deflagrazione, stravolti dalla vista del loro mitragliere ucciso dall’onda d’urto, i quattro parà sopravvissuti hanno sparato anch’essi. A quel punto gli aggressori si so­no dileguati. “E’ stata una battaglia, durata tre minuti interi, in pieno centro”, dicono al contingente italiano.

Gli stessi tale­bani nel loro comunicato di rivendicazione avevano segnalato gli spari da parte degli italiani. E molti dei te­stimoni tra i civili parlano con in­sistenza di “una intensa sparatoria”, che avrebbe addirittura impedito per al­cuni minuti di prestare soc­corso ai feriti tra la popola­zione.

Fonte: Adnkronos