supermercatoLa fase di espansione della rete distributiva in provincia di Modena è da considerarsi esaurita. In futuro si dovrà puntare alla riqualificazione di quella esistente al fine di evitare squilibri tra le diverse tipologie di strutture, commercio diffuso, ipermercati e supermercati, così da garantire ai consumatori un’offerta equilibrata e completa. È la chiara indicazione avanzata dalle quattro associazioni del commercio, CNA.COM, Ascom Confcommercio Fam, Confesercenti e Lapam Licom, in previsione della prossima revisione del P.O.I.C., il Piano Provinciale degli Insediamenti Commerciali, strumento di pianificazione e programmazione della rete distributiva.

Dopo anni di progressivo ampliamento delle superfici destinate al commercio che ha interessato prevalentemente le strutture di medie e grandi dimensioni, occorre guardare al futuro prevedendo di applicare criteri nuovi perché lo scenario che si presenta è radicalmente mutato. Molteplici sono le motivazioni che, a parere delle quattro associazioni del commercio, impongono una correzione di rotta, pena l’impoverimento qualitativo della rete commerciale stessa e il rischio di espulsione dal mercato di aziende di piccole dimensione.

Prima di tutto occorre pensare allo sfruttamento del territorio in chiave di sviluppo sostenibile: siamo di fronte ad un bene che non è inesauribile e che già oggi è in sofferenza per lo sfruttamento intensivo al quale è stato sottoposto. Continuare a costruire, soprattutto nel caso di strutture di dimensioni medie o grandi, significherebbe tra l’altro appesantire una viabilità che si presenta spesso inadeguata e congestionata, causando un impatto negativo anche sull’ambiente.

Ci sono poi gli effetti di una prolungata crisi economica che si sta profondamente e pesantemente ripercuotendo sui consumi. Al dato puramente numerico, rispetto al quale comunque molti gli analisti affermano che ci vorranno almeno altri due anni per ritornare ai valori antecedenti la crisi, si aggiunge una valutazione di tipo qualitativo non meno importante. L’atteggiamento del consumatore è sempre più selettivo, all’acquisto usa e getta, quasi bulimico, si stanno sostituendo stili di consumo nuovi. Le scelte diventano più ponderate, l’acquisto sempre più spesso matura dopo valutazioni molteplici di cui il prezzo è solo una delle variabili. Genuinità, rispetto del territorio, tendenza ad abbreviare la filiera, sono solo alcuni esempi.

Prescindere da questi elementi di novità nelle scelte relative alla futura programmazione sarebbe sbagliato.

L’attuale rete commerciale, pur con valori di superficie di vendita per abitante superiore alla media regionale, ha sino ad oggi dimostrato di essere ben articolata e in grado di garantire una offerta completa sia per tipologia di prodotti sia per forma di distribuzione. Questo modello ora però rischia di entrare in profonda crisi se si dovesse continuare a puntare sull’ampliamento delle superfici commerciali e alla realizzazione di strutture di medie e grandi dimensioni anche nella futura programmazione. A pagarne il prezzo sarebbero prima di tutto le piccole realtà con un conseguente impoverimento dell’intero tessuto urbano dato che di norma si tratta di realtà che uniscono ad una funzione di servizio un ruolo di qualificazione dell’area in cui operano. Esemplare da questo punto di vista è l’esperienza dei centri di vicinato che stanno vivendo un significativo rilancio proprio per il ruolo, non solo commerciale, che svolgono in alcune zone periferiche dei centri urbani.

Le aziende modenesi contrariamente ai dati nazionali – 10mila piccole imprese del commercio in meno nel primo semestre di quest’anno – stanno dimostrando di avere buona tenuta e capacità di reazione. Il prezzo però che la piccola imprenditoria locale sta pagando è molto alto: ricavi in calo, riduzione dei margini, con effetti negativi sulle possibilità di investire sul futuro e quindi un rischio sempre più elevato espulsione dal mercato.

S’impone pertanto una scelta nelle politiche di programmazione, rivolta prioritariamente alla qualificazione della rete esistente già estremamente articolata nelle sue diverse forme. Per questo è necessario orientare sia le politiche attive, sia le risorse destinate al settore in questa direzione di modo che ogni progetto di riqualificazione commerciale urbana tanto nei centri storici quanto nelle aggregazioni periferiche, s’ispiri a questi principi.

Il commercio diffuso, fatto soprattutto di piccole e medie imprese deve essere valorizzato e sostenuto, dalle Istituzioni pubbliche, con risorse adeguate soprattutto in questa fase di crisi economica globale. La piccola e media imprenditoria commerciale è a pieno titolo parte fondamentale del capitale sociale del nostro territorio in quanto fornisce un utile ed indispensabile servizio al consumatore, rappresenta un elemento insostituibile contribuisce ad una migliore qualità della vita, alla sicurezza e alla vitalità degli spazi urbani.

Al fine quindi di disciplinare e favorire processi di razionalizzazione e innovazione della rete esistente, nell’ambito della prossima programmazione commerciale provinciale, per le medie e grandi superfici di vendita, CNA.COM , Ascom Confcommercio, Confesercenti e Lapam Licom chiedono un blocco alla previsione di nuovi insediamenti, se non funzionali alla razionalizzazione ed innovazione delle superfici già esistenti.

Una riflessione infine si rende necessaria anche per le grandi e medie superfici già programmate, ma non ancora realizzate. In questi casi occorrerà rinunciare ad una logica di attuazione automatica e valutare per ogni singolo caso quanto e come la loro realizzazione sia destinata ad impattare sulla rete commerciale esistente, prevedendo anche interventi a sostegno della rete esistente per evitare pericolosi fenomeni di desertificazione.