scuola_5Cambiare la scuola d’imperio e tagliare le risorse, come ha fatto la ministra Gelmini, su imposizione del ministro Tremonti, ha concretamente significato peggiorarne la qualità, avviando il sistema pubblico di istruzione verso un degrado difficilmente recuperabile.

La progressiva scomparsa delle compresenze, l’aumento del numero di alunni per classe, la mancanza di insegnanti e di progetti per l’apprendimento della lingua italiana rivolto agli stranieri, le parziali risposte alla piena integrazione dei disabili, l’assenza di proposte chiare sulla riforma delle superiori, i tagli ed i mancati trasferimenti alle Istituzioni scolastiche per pagare i supplenti, gli straordinari, i materiali di consumo e pulizia, la riduzione del fondo di istituto, sono segnali inequivocabili di un peggioramento delle condizioni in cui sono costretti ad operare quotidianamente dirigenti, insegnanti, alunni e personale ausiliario.

La reintroduzione dei grembiuli, dei voti numerici – compreso quello in condotta – l’aumento delle bocciature non possono essere spacciati come una riforma della scuola di cui c’è invece bisogno. Soprattutto non si può partire demolendo il settore più solido del sistema: la scuola primaria, unanimemente ed internazionalmente riconosciuta come la parte migliore.

A distanza di pochi mesi dall’avvio dell’anno scolastico è più evidente a tutti – genitori compresi – che le scuole non sono messe nelle condizioni di poter garantire percorsi educativi di qualità e talvolta neanche il diritto all’istruzione.

Non basta quindi cambiare per migliorare e soprattutto non si può fare tagliando risorse umane e materiali.

Occorre innanzi tutto partire dalla formazione degli insegnanti, dalla loro motivazione, dall’aggiornamento continuo, dall’introduzione di criteri di merito e di carriera in grado di riconoscere e premiare la loro professionalità ed il loro impegno, mettendoli in condizione di poter dare il meglio di sé e non ostacolando, come accade oggi, il loro lavoro quotidiano.

Questo comporta anche la necessità di individuare coloro che non sono idonei all’insegnamento ed indirizzarli verso altre professioni.

Ma se fondamentale è il rapporto tra docenti e discenti, dato il ruolo culturale, sociale ed economico che la scuola ha, molto importante è anche la relazione con le famiglie, il territorio, le altre Istituzioni.

Tutti sono chiamati a collaborare per garantire centralità e qualità alla scuola ed alla formazione delle attuali e future generazioni.

Mi sento quindi vicina a coloro che aderiscono alla giornata di mobilitazione per richiamare ciascuno alle proprie responsabilità nell’interesse del Paese.

Mi auguro inoltre che in futuro si possa trovare la condivisione di tutte le forze sindacali.

Gli Enti locali faranno la loro parte, ma è assolutamente inaccettabile il disimpegno del Governo.

(Iuna Sassi, Assessore all’Educazione)