Il diffondersi della crisi economica ha purtroppo alimentato alcune sacche di lavoro irregolare, in alcuni settori molto più che in altri. Uno di questi è il facchinaggio, i cui lavoratori occupati in provincia di Reggio dalle stime risulta siano attualmente circa 9 mila (ma di fatto considerando gli irregolari la cifra potrebbe raddoppiare) e per cui esiste da diversi anni un apposito Osservatorio, costituito da Provincia, associazioni di categoria, sindacati, Direzione provinciale del lavoro (Dpl), Camera di commercio, Inps, Inail. Infatti, a fronte delle molte imprese che lavorano rispettando le norme, molte altre applicano tariffe ‘fuori mercato’, a scapito degli imprenditori onesti e della sicurezza dei lavoratori. Un dato significativo è che di 120 cooperative che operano sul territorio reggiano nel settore del facchinaggio, nel 2009 ne sono state controllate 40 dalla Dpl e ben 23 sono risultate irregolari. “Una situazione intollerabile – ha detto il vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia Pierluigi Saccardi – perché a subire i danni maggiori sono le tante imprese e le cooperative sane che operano sul territorio reggiano, oltre che i lavoratori tutti”.

Da qui l’allarme lanciato dalle istituzioni nel corso della conferenza stampa che si è svolta stamani in Provincia a cui erano presenti, oltre al vicepresidente Saccardi, Mario Lucenti (presidente dell’Osservatorio sul facchinaggio); Marco Barilli (vicepresidente dell’Osservatorio sul facchinaggio); Giulio Bertoni (direttore Direzione provinciale del lavoro Reggio Emilia); Maurizio Mazzetti (direttore dell’Inail di Reggio), Massimo Pastena (Cisl).

Le qualifiche che rientrano nell’ambito del facchinaggio sono così suddivise: facchini, addetti ai servizi di pulizia, facchini addetti allo spostamento merci ed assimilati, operai addetti ai servizi di igiene e pulizia, donne delle pulizie, addetti non qualificati a servizi di pulizia in imprese, enti pubblici e assimilati, addetti alla pulizia dei macchinari, facchini di cucina, personale addetto alla pulizia in esercizi alberghieri ed extra-alberghieri, facchini “ai piani” o interni.

Il settore del facchinaggio è di per sé particolarmente a rischio di lavoro nero e il perché lo spiega il presidente dell’Osservatorio Lucenti: “In questo settore c’è una elevata mobilità di lavoratori e imprese, anche territoriale, che rende difficile il monitoraggio della situazione”. La crisi, oltre ad aver prodotto una drastica diminuzione degli avviamenti al lavoro – sono stati 3.729 nel 2008, scesi a 2.461 nel 2009. (Il dato non si riferisce ai lavoratori del settore perché una stessa persona può essere avviata più volte al lavoro, ndr) – ha causato anche un aumento delle irregolarità: “Andare al di sotto delle tariffe previste, con la crisi è purtroppo diventato più comune assieme alla prassi di far svolgere ai lavoratori del facchinaggio anche altre attività, a volte mansioni che sarebbero di un dipendente dell’impresa committente. Questa è intermediazione di lavoro non autorizzata – ha sottolineato il presidente dell’Osservatorio sul Lucenti – In un momento di crisi come questo, può sembrare un risparmio, ma in realtà prima o poi i costi dell’illegalità si pagano comunque”.

“Le tariffe fissate dalla Dpl non sono un suggerimento, ma un obbligo – ha ricordato il direttore Bertoni – Insieme ai comportamenti delle imprese di facchinaggio occorre però guardare anche a quelli, non meno gravi, tenuti dai committenti – aggiunge Bertoni – che per risparmiare accettano offerte economiche evidentemente irregolari di operatori che vivono nell’illegalità, rischiando anche di condividerne le responsabilità”.