I referendum sulla ri-pubblicizzazione della gestione del ciclo idrico, promossi dal “Forum italiano movimenti per l’acqua“, rappresentano un’importante e positiva indicazione per il futuro: sia in relazione al merito dei quesiti che per costruire risposte positive alla crisi economica e sociale in corso.

Oggetto dei tre quesiti sono rispettivamente l’abrogazione dell’art.23 L.166/2009 (c.d. Decreto Ronchi) riguardante la privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, l’abrogazione dell’art.140 del D.Lgs 152/2006 riguardante la scelta della forma di gestione dei servizi pubblici e l’abrogazione dell’art.154,I comma, D.Lgs 152/2006, che dispone che la tariffa è il corrispettivo del servizio idrico integrato e che essa va determinata tenendo conto della remunerazione del capitale privato investito.

Quanto ai servizi pubblici locali , risulta ormai chiaro dopo molti anni di esperienze che il proprietario reale (quello che decide delle scelte di fondo) non è quello formalmente proprietario (del bene e delle reti) ma quello che gestisce il bene ed eroga il servizio: ciò in ragione della grande asimmetria delle informazioni possedute e del fatto che il controllo pubblico sulla governance dell’impresa diventa quasi nullo a fronte di forme di gestione governate dal diritto societario. Va poi aggiunto che solo il pubblico può garantire una “missione” adeguata del bene acqua: minor consumo possibile al minor prezzo possibile comprensivo dei costi di manutenzione efficiente delle reti.

Queste sono le ragioni principali che permettono di dire che un bene è “pubblico” se è governato da un soggetto formalmente e sostanzialmente pubblico. Sapendo bene che la “gestione pubblica” è condizione necessaria ma non di per sé sufficiente a garantire un uso efficiente delle risorse (sono infatti numerosissime le gestioni pubbliche dell’acqua che hanno dato in Italia pessimi risultati). Risulterà così chiarito agli occhi dei cittadini perchè nella quasi totalità dei casi di gestione privatizzata del ciclo idrico si è verificato sia un grande aumento dei prezzi finali dei servizi che una diminuzione degli investimenti sulle reti.

L’obiezione (PD) che vede nel referendum uno strumento inadeguato sottolineando che gli ultimi 24 referendum proposti non hanno raggiunto il quorum, è fondata ma debole: nell’attuale situazione parlamentare il referendum è meno velleitario di una legge di iniziativa popolare (di nuovo PD) . Si può “perdere” (per mancato raggiungimento del quorum) ma si costruisce un prezioso rapporto col paese e si costruire l’alternativa al centro destra. Sarebbe segno di maturità di tutti i partiti del centro sinistra modenese, PD in particolare, sostenere questo importante referendum .

(Per Associazione Le Ragioni del Socialismo – Modena: Mauro Sentimenti, Lanfranco Turci, Andrea De Pietri)