Il responsabile del Forum sanità del Pd, Claudio Pistoni, interviene nel dibattito sul Piano Attuativo Locale (PAL) della sanità.

«Partiamo da una premessa: la sanità modenese e dell’Emilia Romagna è una delle migliori del Paese, e anche i recenti dati del ministero della Salute confermano questa visione. Ne è la prova la forte mobilità di pazienti in entrata che vengono a farsi curare nelle nostre strutture. Detto questo, il governo sta cercando di smantellare il sistema sanitario pubblico a favore del privato. Con il tentativo del blocco del turnover dei medici cerca evidentemente di fare un regalo alla sanità privata, perché è chiaro che il servizio pubblico nei prossimi anni non riuscirà a far fronte all’aumento della domanda legato all’invecchiamento della popolazione. Allo stesso modo il taglio del fondo sociale e del Fondo nazionale per la non autosufficienza mettono a rischio l’assistenza domiciliare e alle persone più bisognose, anziani e disabili.

La sanità modenese, quindi, parte da una situazione di eccellenza. Ma, a fronte di una domanda di servizi in continua crescita e di una prospettiva preoccupante per quanto riguarda le politiche nazionali, è indispensabile fare uno sforzo straordinario per riuscire a orientare le risorse dove vi è più necessità, maggiore bisogno. Come Partito Democratico condividiamo il percorso che i Presidenti della Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria, Sabattini e Pighi, hanno messo in campo per disegnare la sanità del futuro. Quello che vogliamo è che la sanità sia una casa di vetro, dove il cittadino viene messo al centro delle politiche e le decisioni non sono prese per accontentare questa o quella lobby di potere. Per la prima volta si è scelto di fare un percorso partecipato, che rende possibile da un lato valutare i risultati ottenuti in questi anni e dall’altro partecipare alle scelte che saranno delineate per il futuro.

Certo, vi sono anche dei problemi che vanno superati. Il tema delle liste d’attesa, quello dei letti per la lungodegenza, la collaborazione e integrazione fra le due aziende sanitarie. Un tema, quest’ultimo, sul quale molti sono intervenuti in questi giorni. Ma al di là del dibattito su “azienda unica sì o no”, quello di cui abbiamo bisogno in tempi rapidi – e i presidenti della Conferenza territoriale l’hanno ben spiegato nel corso degli incontri pubblici – è eliminare le strutture doppie, sia di tipo clinico che amministrativo e tecnico. C’è bisogno di far lavorare in sinergia gli uffici amministrativi delle due aziende, per destinare più risorse possibile ai cittadini. C’è bisogno di snellire la struttura della nostra sanità, renderla più flessibile e vicina al domicilio del cittadino. L’ospedale deve essere usato solo nei momenti acuti e poi il paziente deve tornare o a casa o in strutture residenziali.

C’è bisogno di una revisione della rete ospedaliera, con l’obiettivo di ridurre la spesa ma, prima ancora, di offrire i servizi di cui le persone hanno bisogno, con un elevato grado di sicurezza. I tecnici dovranno indicare le diverse soluzioni per fruttare al meglio le strutture, e una volta che sul tavolo saranno messe le diverse ipotesi la politica dovrà assumersi il compito di fare la scelta migliore, sempre mettendo al centro il cittadino.

Uno dei problemi del futuro saranno le persone anziane non autosufficienti. Una situazione che interessa una famiglia su 10, ma che rischia di avere numeri sempre più alti. Se oggi infatti gli “over 65” costituiscono il 20% della popolazione, nel 2051 saranno il 35%. Tutto questo in un contesto dove i Comuni non hanno risorse da dedicare a questi servizi. E noi qui abbiamo la fortuna che la Regione ha deciso di aprire il Fondo Regionale per la Non Autosufficienza, ma potrebbe non bastare.

C’è bisogno di potenziare il territorio, e ognuno deve dare il proprio contributo, a cominciare dai medici di medicina generale che devono raccogliere la sfida della territorializzazione dei servizi gestendo in particolare le patologie croniche. Il medico di medicina generale è sempre la figura più gradita da parte del cittadino, e deve avere il supporto necessario in termini di risorse umane e tecnologiche per rispondere ai bisogni delle persone. Un esempio sono le cosiddette “case per la salute”, strutture che mettono a disposizione del cittadino un polo dei servizi in più, dove fare una ecografia o una visita cardiologia vicino a casa, senza doversi spostare. E la loro creazione non andrà a togliere i servizi esistenti.

C’è bisogno, infine, di un governo forte della sanità a livello provinciale dove si valutino i risultati delle politiche attuate. Una sorta di cabina di regia, che metta insieme le due aziende e anche l’Università, che deve esprimere tutto il suo potenziale per dare al nostro territorio operatori sanitari preparati, fare ricerca e ove necessario dare il contributo all’assistenza.

Sarà certamente più facile raggiungere questi obiettivi se saremo capaci, tutti, di “fare squadra”, senza mettere le diverse aree del territorio in competizione l’una contro l’altra. Del resto, è questa la logica del sistema a rete su cui è costruito il nostro sistema sanitario. Ed è certamente un segnale interessante la disponibilità dichiarata dall’Udc ad aprire un confronto su questi temi. Se al centro delle nostre politiche ci sono i bisogni e le aspettative dei cittadini, non è impossibile trovare un’intesa. E’ così che dovrebbe essere, anziché insistere nella sterile contrapposizione “di bandiera” e nelle polemiche pretestuose, come continuano a fare le altre forze di opposizione».