“Scrivo in merito alle polemiche sulla mia partecipazione alla manifestazione nazionale degli studenti contro i tagli a scuola, ricerca e università. Trovo che il modo in cui questa polemica si è sviluppata sia sintomatico di come, oggi, si sviluppano i rapporti tra politica, istituzioni, cittadini.

L’8 ottobre studenti e ricercatori decidono di manifestare. Non succedeva da tempo: per me è un buon segno. Indica interesse dei giovani verso la vita pubblica, fiducia nella democrazia di questo Paese, convincimento che, quanto “dato”, sia migliorabile.

Gli studenti non pensano a un giorno di vacanza. Sanno di “spendere” uno dei 50 giorni di assenza che sono il limite oltre il quale scatta la bocciatura. Essere lì ha un costo e lo pagano di persona. Per questo non c’è nessuno in giro sotto i portici. Sono in piazza, nella piazza che ha sempre accolto i modenesi nei momenti di gioia e di dolore, nei momenti della rivendicazione e in quelli del dissenso perché, da qualche decennio, si sa che è possibile dissentire e manifestare.

Ma tutto questo, oggi, a qualcuno non piace. E soprattutto non piace che un assessore accetti l’invito a partecipare a quella manifestazione con un messaggio semplice: “Ragazzi, studiate e partecipate alla vita della scuola. Le vostre richieste sono le nostre. Da mesi le stiamo portando avanti in ogni sede per tutti gli studenti della città”.

Altro che scorrettezza istituzionale. Si tratta di doverosa, e istituzionale, difesa dei diritti e degli interessi di chi studia in questa città.

Poi, certo, ci sono modi diversi per farlo: ecco, io credo che oggi con la politica che si parla addosso e le istituzioni lontane dalla gente, sia giunta l’ora di parlare chiaro, di metterci la faccia, di avere il coraggio, istituzionale e politico, di guardare negli occhi il nostro interlocutore perché saranno la chiarezza, la coerenza e la vicinanza a ricucire politica, istituzioni, interessi delle persone.

Il 9 ottobre molti studenti hanno aperto i giornali locali e hanno letto una storia diversa da quella di cui erano stati protagonisti il giorno prima. Non c’erano loro sul giornale, non c’erano i loro pensieri né le loro richieste: queste non erano state né sostenute né osteggiate. Semplicemente erano scomparse, inghiottite in qualcosa di diverso: le alte grida di esponenti politici di destra su chi doveva e poteva essere con gli studenti.

E gli studenti hanno taciuto: non hanno replicato o fatto domande alla politica o alla stampa. I ragazzi non parlano con chi non ha orecchie per ascoltarli. Poi perché dovrebbero? Perché dovrebbero interloquire con chi non c’era, con chi ha parole diverse, storie diverse e ben diversi livelli di potere?

Così sono tornati al loro passaparola dissacrante, agli sms criptici, ai ragionamenti in pillole postati su facebook che, letti nell’insieme, sono profondi, competenti, limpidi. Questi ragazzi hanno di nuovo lasciato sola la politica, andando, come sempre, per la loro strada.

Spero che chi ha gridato alla scorrettezza istituzionale sappia vedere gli effetti sostanziali della sua scelta: due giorni di presenza sui giornali contro l’occasione perduta di accorciare la distanza tra la politica e le molte centinaia di studenti e ricercatori.

Ciò che è accaduto ha fatto aumentare questa distanza, insieme all’incomprensione e al senso di inutilità dell’agire politico, se far dichiarazioni alla stampa può definirsi agire. Non ci si potrà stupire se, anche alla prossima scadenza elettorale, vedremo aumentare l’astensionismo giovanile e, con esso, diminuire i livelli della democrazia reale in questo Paese”.

(Adriana Querzè Assessore all’Istruzione del Comune di Modena)